LA FRAGILITÀ DELLA DEMOCRAZIA NEGLI STATI UNITI: UN’ANALISI CRITICA

Le fragilità della democrazia americana, dall’influenza del denaro in politica al razzismo, dalla corruzione nelle forze dell’ordine alla libertà di stampa. Scopri approfondimenti su Julian Assange, gli scandali dei Clinton e incidenti politici in Europa.

La democrazia americana, spesso presentata come faro di libertà e giustizia, presenta diverse fragilità che meritano un’attenta analisi. Questo articolo esplora le contraddizioni e i problemi del sistema politico e sociale degli Stati Uniti, affrontando temi quali l’influenza del denaro nella politica, il razzismo, la corruzione nelle forze dell’ordine, la politica estera aggressiva e le controversie legate alla libertà di stampa e alla giustizia.

La presidenza: un affare per ricchi e famiglie influenti

Negli Stati Uniti, l’accesso alla presidenza è spesso limitato a individui estremamente ricchi o appartenenti a poche famiglie influenti, fenomeno evidente guardando la storia delle elezioni presidenziali, dove candidati come Donald Trump, un miliardario, e membri delle dinastie politiche come i Kennedy, i Bush e i Clinton, hanno dominato la scena politica.

Secondo un’analisi del Center for Responsive Politics, le campagne presidenziali statunitensi sono diventate sempre più costose, con la spesa totale per le elezioni del 2020 che ha superato i 14 miliardi di dollari .

Questo aumento esponenziale dei costi rende difficile per i candidati senza significative risorse finanziarie competere in modo efficace, consolidando il potere nelle mani di pochi.

Qualcuno potrebbe ricordare il caso Obama, ma anch’egli non è certo un poveraccio.

Inoltre, Obama è diventato presidente grazie alla genialità di chi gestiva la sua comunicazione: mentre gli avversari puntavano ancora tutto sulla televisione, lui risparmiava soldi, entrando nelle case degli americani attraverso Facebook.

La Clinton lo sbeffeggiava perfino per questo suo modo di condurre la campagna, salvo rendersi conto della potenza di questa comunicazione solo quando ormai era troppo tardi.

Tuttavia, oggi non esiste politico che non fondi gran parte della propria comunicazione sui social network, proprio grazie alla vittoria di Obama.

Ma quanti altri candidati di colore avete visto da allora? E quante donne?

La corruzione nelle forze dell’ordine

Un altro aspetto preoccupante è la corruzione e l’abuso di potere tra le forze dell’ordine locali.

Gli sceriffi nelle piccole contee, ad esempio, esercitano spesso un controllo significativo che può essere paragonato a pseudo organizzazioni mafiose, un problema che è particolarmente cronico in aree sperdute, con una supervisione limitata e un controllo comunitario debole.

Alcuni villaggi degli Stati Uniti sono sperduti e la distanza elevata dai grandi centri fa sì che diventi difficile per i cittadini difendersi da un eventuale corpo di polizia corrotto, specie se i cittadini sono di colore.

Il razzismo sistemico e la violenza della polizia

D’altronde, la brutalità poliziesca e il razzismo rimangono problemi persistenti negli Stati Uniti.

Gli afroamericani e altre minoranze etniche sono spesso vittime di discriminazioni e violenze, secondo il Mapping Police Violence database, il quale certifica che, nel 2020, gli afroamericani avevano una probabilità tre volte maggiore di essere uccisi dalla polizia rispetto ai bianchi.

Un dato significativo che dimostra come gli Stati Uniti non siano affatto la grande democrazia che viene decantata anche dai media italiani.

Il caso George Floyd

L’omicidio di George Floyd nel 2020 ha scatenato proteste su larga scala e ha portato alla luce le profonde disuguaglianze nel sistema di giustizia penale americano.

Ricordiamo tutti la brutalità della scena: il ragazzo che implorava pietà perché non respirava e il poliziotto che godeva mentre gli impediva di respirare con un ginocchio che gli inchiodava il collo sull’asfalto.

Questo evento ha sottolineato la necessità di riforme strutturali per affrontare la discriminazione razziale e la violenza istituzionale che sono problemi molto più diffusi e profondi di quanto non siano in altre parti del mondo civilizzato.

Libertà di stampa e doppio standard nella giustizia

Il caso Julian Assange

La libertà di stampa negli Stati Uniti è spesso lodata come un pilastro della democrazia, tuttavia, casi come quello di Julian Assange sollevano dubbi su questa narrazione propagandistica.

Assange, fondatore di WikiLeaks, rischiava 170 anni di carcere per aver pubblicato informazioni riservate che hanno portato alla luce crimini di guerra efferati commessi dalle forze armate americane.

Tra le tante vicende svelate dall’ottimo lavoro investigativo di Assange, è stata svelata la strage di Haditha, cittadina irachena in cui le truppe americane hanno stuprato, seviziato e ucciso degli innocenti.

Inizialmente, il governo americano ha tentato di ridimensionare le accuse, giudicando i fatti inesistenti e frutto della propaganda del nemico, come capita sempre e ancora oggi.

In un secondo momento, quando le prove dei crimini di guerra compiuti dagli USA erano schiaccianti, ecco che la giustizia ha fatto il suo corso. Ridicolo, ovviamente: tre mesi di reclusione e 2/3 di decurtazione dello stipendio per sei mesi.

Questa l’ammenda negli USA per crimini di guerra su 24 innocenti seviziati, stuprati e uccisi.

Ma solo se i criminali sono americani, ovviamente. In tutti gli altri casi, bombardamenti, conquista di territori e carceri in cui si torturano i prigionieri, in stile Guantánamo.

La vicenda di Assange e le pene ridicole inflitte ai criminali di guerra americani hanno messo in evidenza la tensione tra il diritto del pubblico a conoscere le azioni del governo e la protezione della sicurezza nazionale.

Mentre Assange è stato perseguitato per anni e ha dovuto dichiararsi colpevole di aver svolto il suo mestiere di giornalista per tornare nel suo Paese e non potrà mai più svolgere liberamente la sua professione, i soldati coinvolti in gravi crimini, come il massacro di Haditha, vengono quasi premiati.

Politica estera aggressiva e interventismo militare

Gli Stati Uniti hanno una lunga storia di interventi militari unilaterali e spesso giustificati con pretesti inventati.

Due esempi significativi sono la guerra in Jugoslavia nel 1999 e l’invasione dell’Iraq nel 2003.

Il bombardamento della Jugoslavia

Nel 1999, gli Stati Uniti guidarono una campagna di bombardamenti della NATO contro la Jugoslavia senza un mandato delle Nazioni Unite, cioè un’azione contraria al diritto internazionale.

Questo intervento, giustificato come una missione umanitaria, ha sollevato critiche per la violazione della sovranità nazionale e per i danni collaterali causati ai civili.

Una dimostrazione di quanto interessi poco agli Stati Uniti operare nella legalità e nel rispetto delle sovranità nazionali, nonché la prova di come democrazia sia un concetto assai distante dalla realtà americana.

Le armi chimiche di Saddam Hussein

Nel 2003, l’invasione dell’Iraq fu giustificata con la presunta presenza di armi chimiche di distruzione di massa.

Chiunque dissentisse veniva giudicato folle e irresponsabile poiché non intervenire significava dare la possibilità al dittatore iracheno di conquistare il Medioriente e poi, chissà, allargarsi verso ovest.

Tuttavia, queste armi non furono mai trovate e fu dimostrato che a inventare la notizia della loro esistenza fu la CIA per concedere all’Amministrazione americana il pretesto per invadere uno Stato sovrano qual era l’Iraq.

L’intervento è stato ampiamente criticato come un esempio di manipolazione delle informazioni per giustificare un’agenda politica.

Secondo il Congressional Research Service, il conflitto ha causato la morte di oltre 200.000 civili iracheni e ha destabilizzato l’intera regione, come possiamo notare oggi.

200.000 persone innocenti sono sulla coscienza di una nazione che, ancora una volta, dimostra che i concetti di democrazia sono lontani anni luce dalla sua vera natura.

Ipocrisia sui crimini internazionali

Gli Stati Uniti condannano spesso i crimini commessi da nazioni rivali, come la Russia, ma tendono a ignorare o minimizzare quelli commessi dai propri alleati.

Un esempio recente è la gestione dei crimini a Gaza, dove le violazioni dei diritti umani da parte di Israele non sono semplicemente ignorate, ma addirittura giustificate dal governo americano.

D’altronde, l’uso della forza e delle armi è l’unica qualità in cui gli Stati Uniti si sono sempre distinti nel mondo, diventando in assoluto il Paese più guerrafondaio.

Anche se, cosa singolare, l’ultimo conflitto armato vinto dagli USA risale al 1945; l’ultima drammatica, quanto rocambolesca sconfitta, è quella inflitta all’America dai talebani, che, dopo vent’anni di guerra che hanno messo a ferro e fuoco l’Afghanistan, sono tornati al potere mentre l’esercito statunitense scappava da un inferno peggiore del Vietnam.

Il caso Viktor Orbán e l’attentato a Robert Fico

In un contesto di tensioni geopolitiche, incidenti “strani”, come quello stradale di Viktor Orbán, e l’attentato a Robert Fico, entrambi leader europei contrari alla guerra in Ucraina, sollevano ulteriori interrogativi sulla trasparenza e sulla sicurezza dei leader che si oppongono alla linea dominante degli Stati Uniti.

Così è morto Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso contrario all’egemonia americana, che fu, infatti, assassinato il 15 ottobre 1987 perché l’Occidente, e in primo luogo l’America, non potevano sopportare la libertà e l’indipendenza di questo giovane e carismatico presidente africano, che aveva dichiarato il debito con l’estero carta straccia e aveva osato sfidare apertamente gli Stati Uniti, con l’idea di liberare il suo Paese dal colonialismo.

Questi eventi, sebbene sempre collegabili con prove certe agli Stati Uniti, riflettono, tuttavia, il clima di instabilità e pericolo per chi sfida l’establishment.

Le controversie sui Clinton

La famiglia Clinton è stata oggetto di numerose accuse e teorie del complotto riguardanti morti improvvise di collaboratori, avvocati e presunti amanti.

Sebbene molte di queste accuse non siano mai state dimostrate, per mancanza di testimonianze dirette o perché chi doveva testimoniare moriva in misteriosi incidenti aerei, restano tante le circostanze misteriose o coincidenze che alimentano una narrativa di corruzione e di operazioni oscure dietro le quinte della politica americana.

Conclusione

Gli Stati Uniti, da sempre presentati come un modello di democrazia, mostrano numerose fragilità e contraddizioni disarmanti.

Dall’influenza del denaro nella politica, alla brutalità poliziesca; dalla libertà di stampa limitata, ai doppi standard nella giustizia e nella politica estera.

Perciò emerge un quadro complesso e problematico che evidenzia come definire gli Stati Uniti una democrazia sia precipitoso e superficiale.

È essenziale continuare a esaminare criticamente queste questioni, perché solo affrontando la verità e la storia si può raccontare il vero presente e non la versione hollywoodiana degli USA, quella per cui i marines sono tutti John Rambo, l’esercito USA è imbattibile persino per gli alieni, tutti possono avere le stesse possibilità di diventare presidente e il Paese ha a cuore la democrazia e il rispetto dei diritti umani nel mondo, pronto a intervenire contro amici e nemici che ledano diritti e sovranità altrui, senza badare a giacimenti di petrolio o ad altre ricchezze del sottosuolo, tanto meno a vantaggi geopolitici.

di Pasquale Di Matteo

Locandina pubblicitaria del libro "Dubbi & Verità", di Pasquale Di Matteo e Danilo Preto

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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