Il ritiro di Joe Biden dalla corsa alla Casa Bianca solleva interrogativi sulla sua salute mentale e sulla guida effettiva degli Stati Uniti. Un’analisi sul ritiro e sulle implicazioni per la leadership mondiale.
JOE BIDEN, L’ANNUNCIO DEL RITIRO
Quando il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha annunciato il suo ritiro dalla corsa alla Casa Bianca, la notizia ha scatenato una valanga di speculazioni e dubbi, sia in patria che all’estero.
Un evento che, nella sua drammaticità, sembra uscito direttamente da un romanzo di George Orwell.
D’altronde, l’annuncio è arrivato senza un discorso alla nazione e soltanto poche ore dopo una dichiarazione dello stesso presidente che intendeva continuare la sua corsa al secondo mandato alla Casa Bianca.
A tanti, il suo ritiro è sembrato uno di quei casi in cui il morto non sembra essersi suicidato, ma più che “sia stato suicidato”.
Anche perché, fino all’imbarazzante faccia a faccia tra Biden e Trump, ogni volta che si sollevavano obiezioni sulle condizioni mentali dell’attuale presidente degli Stati Uniti, si veniva immediatamente additati come boccaloni che credevano alla propaganda di Putin.
Eppure, Biden salutava amici immaginari, attendeva paracadutisti fissando il cielo, quando erano già atterrati, fissava il vuoto in cerca di orizzonti che solo lui vedeva, salutava il valoroso presidente dell’Ucraina, Putin.
Ora, a distanza di tempo, abbiamo scoperto che la propaganda russa non c’entra e che per più di un anno e mezzo ci hanno raccontato supercazzole.
A questo punto, però, nascono domande a cui si dovrebbe rispondere in maniera urgente: quali sono le vere ragioni dietro la decisione di Joe Biden? Chi ha realmente governato gli USA negli ultimi anni? Chi ha deciso di “che lui decidesse” di farsi da parte poche ore dopo aver ribadito la sua intenzione di continuare?
E ancora, se non è idoneo al suo ruolo, perché è ancora presidente?
IL RITIRO DI BIDEN: UNA COMMEDIA DEGLI ORRORI
Joe Biden e i suoi amici immaginari hanno deciso di abbandonare la corsa alla rielezione. Ma non perché il vecchio Joe abbia trovato un passatempo migliore, tipo il golf o la pesca, no.
La sua decisione arriva dopo un confronto disastroso con Donald Trump, che ha fatto schizzare i sondaggi a favore del suo rivale.
A questo punto, i finanziatori del Partito Democratico, quei santi uomini che mettono il denaro prima di tutto, hanno chiuso i rubinetti, costringendo i Dem a spaccarsi e Biden a gettare la spugna.
PROBLEMI DI SALUTE MENTALE: I FANTASMI ALLA CASA BIANCA
Ora, la parte divertente (o tragica, dipende dai punti di vista).
Biden ha mostrato segni preoccupanti di problemi mentali.
Chi non ricorda i suoi saluti agli “amici immaginari”? Una scena che fa sorridere, se non fosse che stiamo parlando del leader del mondo libero. Di quello che spingeva per gli aiuti all’Ucraina e che ci ha spinti sull’orlo della III Guerra Mondiale.
È quindi legittimo chiedersi: se Biden ha tali problemi mentali, chi ha governato il mondo in questi ultimi anni? E se non è idoneo a continuare la corsa, perché non lascia immediatamente la carica di presidente?
Siamo di fronte a una situazione che ha dell’incredibile: un presidente potenzialmente incapace di mente che dovrebbe guidarci ancora per sette mesi.
Sette lunghissimi mesi.
KAMALA HARRIS: LA NUOVA STELLA DEI DEM?
E i nostri cari giornalisti italiani?
Stanno scrivendo fiumi di parole su Kamala Harris, la probabile nuova candidata dei Democratici.
Nessuno che si faccia una domanda sulla salute di Biden o sulla guida effettiva degli Stati Uniti e della NATO negli ultimi anni.
Una distrazione di massa che fa il paio con i migliori numeri da illusionista.
La Harris sarà anche brillante, ma il problema qui è un altro.
Se Biden è inadeguato, chi ha davvero preso le redini del potere negli ultimi anni? Chi ha tirato le fila dietro le quinte? Un interrogativo che meriterebbe qualche riga di inchiostro.
Perché se ci fossero poteri occulti che hanno usato il malato Biden come un burattino, chi ci dice che il suo vice non sia il miglior candidato possibile per questi poteri oscuri?
D’altronde, Harris è vice di Biden e questi oscuri poteri l’hanno già conosciuta e valutata attentamente.
Che si tratti degli stessi oscuri poteri che hanno tentato di togliere la vita a Donald Trump?
L’America non è certo nuova a togliere di mezzo presidenti o candidati scomodi. (Puoi approfondire qui)
Perché non ci si interroga anche sul tempismo sospetto dell’annuncio di Biden pochissimi giorni dopo il fallito assassinio di Trump?
Che quel tentativo fosse un’ultima spiaggia?
IMPLICAZIONI GLOBALI: LA NATO E LA GUERRA IN UCRAINA
Non dimentichiamoci del mondo reale, quello fuori dalla bolla di Washington.
La gestione della guerra in Ucraina e il ruolo della NATO sono questioni di estrema importanza. Senza dimenticare il genocidio di Gaza, che va avanti nel complice silenzio dei paesi che si definiscono buoni, giusti e democratici. Quelli che vedono il male in Putin, ma che si voltano dall’altra parte non appena il male lo fa un amico come Israele.
Con un presidente in condizioni mentali precarie, la comunità internazionale trema. E con ragione. Gli Stati Uniti sono il perno su cui ruota gran parte della politica occidentale.
Questo periodo di incertezza a Washington potrebbe avere conseguenze disastrose, in un momento in cui il mondo è già sull’orlo di un conflitto nucleare, causato proprio dall’uomo che si è ritirato e che oggi sappiamo non essere lucido, tanto da non essere in grado di governare.
Siamo ancora convinti che la sua politica guerrafondaia fosse sensata e non, invece, dettata da qualche suo amico immaginario folle?
JOE BIDEN, KAMALA HARRIS E DONALD TRUMP: FUTURO INCERTO
La rinuncia di Biden apre scenari preoccupanti e complessi.
I cittadini americani e la comunità internazionale meritano risposte chiare e trasparenti su chi abbia effettivamente governato il mondo e preso decisioni che ci hanno condotto a un clima da guerra mondiale.
Chi ha realmente governato gli Stati Uniti negli ultimi anni? Perché Biden è ancora presidente se non è in grado?
La posta in gioco è altissima e le implicazioni di questa situazione potrebbero essere profonde, drammatiche e durature.
È tempo di smettere di fare finta di nulla e affrontare la realtà con coraggio e chiarezza, senza tifare per o contro Trump.
Trump è un prodotto dell’America, quella della legge del più forte, di quella nazione in cui, se sei povero e di colore, rischi di morire ammazzato da un poliziotto a un posto di blocco.
Quella in cui solo poche famiglie facoltose possono offrire candidati alla presidenza. Quella in cui uno sceriffo di comunità isolate può comportarsi come un bullo del quartiere. Quella la cui industria è fondata sulle guerre, tanto da essere il paese più guerrafondaio al mondo.
Parliamo di quella nazione che ha costruito la sua grandezza grazie al servizio di propaganda più efficiente del mondo: Hollywood.
Attraverso i suoi film, gli USA hanno veicolato la percezione di avere le spie migliori del mondo, i servizi segreti più cazzuti, l’esercito invincibile.
E, proprio grazie a Hollywood, l’America ha distorto la storia, che, al contrario dei suoi film, racconta di una nazione che si è fatta spazio trucidando i nativi americani, quegli stessi definiti selvaggi dalla propaganda hollywoodiana. Grazie ai film, gli USA hanno fatto dimenticare che l’ultima guerra vinta risale al 1945.
Da allora, infatti, il curriculum del suo esercito è costellato di ritiri e sconfitte: Corea, Vietnam, Iraq, Afghanistan.
Parliamo di quella nazione che ha mostrato i muscoli all’ONU, bombardando l’ex Jugoslavia sena un mandato internazionale.
Perciò non stupisce che emergano prodotti come Trump.
Ma Biden, vista la situazione mondiale, non può certo considerarsi migliore. Era proprio lui a dire, nel 1997, che era un errore l’allargamento a Est della NATO e fu proprio l’America a fregarsene del fatto che Cuba fosse un Paese sovrano.
Quindi, la tesi di quelli che “è colpa di Putin che ha invaso uno Stato sovrano” non regge.
È una bella utopia, ma la storia ci insegna che quando ci sono di mezzo superpotenze come USA e RUSSIA non contano gli altri.
Sbagliatissimo sul piano umano e logico, ma sacrosanto. Putin non vuole che l’Ucraina entri nella NATO – che comporta avere missili americani sul suo territorio – come gli USA non vogliono i missili russi a Cuba.
E Kamala Harris?
Molti la vedono come la persona giusta. Perché è “donna, di colore e preparata” dicono.
Eppure, molti americani sono contrari alla politica guerrafondaia dell’Amministrazione Biden di cui Harris è vice.
Il mondo è sull’orlo di un precipizio anche a causa di Biden e della sua vice.
La stessa Harris si è spesa in prima persona in due battaglie e le ha perse entrambe: immigrazione e Africa.
Sul campo dell’immigrazione, è stato un disastro, mentre in Africa, Russia e Cina hanno battuto l’America a mani basse, tanto che oggi l’influenza degli Stati Uniti in quel continente è pari a poco più di zero.
La nuova possibile candidata ha annunciato che farà una campagna contro il suo avversario, ricordando le sue condanne. Proprio come era prevedibile.
Ma cosa pensa Harris della guerra in Ucraina e dei crimini di guerra di Isreale?
Vuole continuare la politica guerrafondaia di Biden, che ci porta alla III Guerra Mondiale, oppure ha idee differenti?
Convinti che, oltre a essere “donna, di colore e preparata” e a essere in grado di fare una campagna contro Trump, sia anche capace di governare?
JOE BIDEN: DISCUSSIONE APERTA
Invito tutti a partecipare a questa discussione, a non lasciarsi sopraffare dal silenzio o dal tifo personale.
Solo attraverso un confronto aperto possiamo sperare di affrontare adeguatamente le sfide che ci attendono in questo mondo sempre più cupo e governato da poteri oscuri che si sovrappongono al volere dei cittadini.
Basti osservare quanto accaduto in Europa, dove la nostra Ursula ha sputato sui tanti europei che hanno votato contro le sue politiche folli, e in Francia, dove Macron tenta il tutto per tutto pur di formare un suo governo, nonostante oltre il 70% dei francesi abbia votato per l’estrema sinistra e l’estreme destra, in netto contrasto con le sue politiche.
Il futuro dell’idea stessa di democrazia e della stabilità globale dipende anche dalle nostre domande e dalla nostra capacità di esigere risposte.
