LA VERITÀ DIETRO LE QUINTE DELLA GUERRA IN UCRAINA

La guerra in Ucraina è ormai da tempo al centro dell’attenzione internazionale e le sue dinamiche sembrano sempre più complesse e sfuggenti. Nonostante i ripetuti tentativi di presentare la situazione come una lotta tra il bene e il male, tra democrazia e autoritarismo, la realtà appare molto più sfumata e complessa.

In questo articolo, esploreremo come le forze in gioco, sia visibili che nascoste, stiano manipolando gli eventi e influenzando il corso della guerra, spesso a discapito della pace e della stabilità internazionale.

LA MOSSA UCRAINA E L’INVASIONE DEL KURSK: UNA MOSSA CONTROPRODUCENTE?

La recente controffensiva ucraina nel territorio russo, che ha portato all’invasione di Kursk, ha sollevato molte domande e preoccupazioni.

A una lettura superficiale, questa mossa potrebbe sembrare una manovra strategica volta a guadagnare terreno e migliorare la posizione di Kiev nelle trattative di pace, tuttavia, un’analisi più approfondita rivela che questa azione potrebbe avere l’effetto opposto, complicando ulteriormente il già fragile scenario diplomatico.

L’idea di invadere mille chilometri quadrati di territorio russo per poi usarli come merce di scambio con i 130 mila chilometri quadrati di Ucraina occupati da Mosca sembra alquanto azzardata.

È come se qualcuno proponesse di barattare la Repubblica di San Marino per quasi metà dell’Italia. Un’idea che, se non fosse per la serietà della situazione, potrebbe essere liquidata come battuta da Zelig.

In realtà, come rivelato da un approfondito reportage del Washington Post, l’obiettivo di questa mossa non era affatto quello di facilitare un accordo di pace; al contrario, l’invasione del Kursk sembra essere stata progettata per sabotare i negoziati di pace mediati dal Qatar tra Kiev e Mosca.

L’invasione ha dato a Putin un motivo in più per non abbassare le sue richieste e, anzi, per aumentarle. Ora, prima di considerare qualsiasi trattativa, il leader russo dovrà prima riprendere il controllo dei territori invasi, mettendo ulteriormente a rischio qualsiasi possibilità di cessate il fuoco.

Perciò, la prima domanda che bisognerebbe porsi è la seguente: chi può avere vantaggi a sabotare i colloqui di pace e chi avrebbe da perdere se la guerra si placasse?

LA MANIPOLAZIONE DELL’INFORMAZIONE: CHI DÀ LE CARTE DEL MAZZO?

Lo scoop del Washington Post ha rivelato dettagli ancora più inquietanti sulle dinamiche dietro le quinte del conflitto.

Dal 2022, funzionari anonimi di alto livello negli Stati Uniti, nel Regno Unito, nella NATO e nel governo ucraino hanno utilizzato la grande stampa internazionale per far sapere al mondo che nei corridoi del potere ci sono persone consapevoli dei pericoli di un’escalation e che stanno lavorando per evitare una Terza Guerra Mondiale.

Tuttavia, ogni volta che questi negoziati sembrano avvicinarsi a una soluzione, accade qualcosa che manda tutto a monte.

Per esempio, nel marzo 2022, i negoziati tra Kiev e Mosca erano vicini a un accordo, ma furono bruscamente interrotti dopo la strage di Bucha.

La tragedia fu subito paragonata a un nuovo Olocausto, con Putin dipinto come un nuovo Hitler.

L’allora primo ministro britannico Boris Johnson, sfruttando l’ondata di indignazione internazionale, insistette che non si doveva trattare con un dittatore di tale portata, facendo così naufragare i colloqui.

Un po’ come se oggi l’Occidente dovesse negare ogni confronto con Israele, viste le atrocità commesse a Gaza e le stragi di civili esponenziali rispetto a quanto accaduto in Ucraina.

Un altro esempio di sabotaggio deliberato è stato quanto accaduto ai gasdotti Nord Stream.

Inizialmente, la propaganda occidentale attribuì ai russi l’attentato, un’accusa illogica, visto che a perderci erano l’Europa e la stessa Russia, come se un killer si fosse sparato al ventre.

Come sappiamo, l’idea che fossero stati i russi a sabotare il gasdotto Nord Stram si è rivelata essere una pista falsa e la verità è che l’operazione era invece volta a distruggere i già fragili rapporti energetici tra Berlino e Mosca, spingendo l’Europa verso una guerra commerciale, preludio di un conflitto armato.

Probabilmente, nelle intenzioni ucraine c’era la voglia di spingere l’Europa a un intervento più massiccio contro Putin.

Un ulteriore episodio di manipolazione è stato l’incidente del missile ucraino che ha colpito la Polonia, un episodio inizialmente attribuito a un errore russo o alla follia di Putin.

Anche in questo caso, l’obiettivo dell’Ucraina era quello di aumentare la pressione sulla NATO affinché intervenisse direttamente nel conflitto, rischiando di innescare una guerra su scala globale.

Il VUOTO DI POTERE IN OCCIDENTE E LA POLITICA IN MANO AI GUERRAFONDAI

Uno degli aspetti più preoccupanti di questa situazione è il vuoto di leadership che sembra caratterizzare l’Occidente, dove mancano leader politici capaci di vedere orizzonti lontani e dove la politica è in mano ai capricci delle lobby che hanno da guadagnare dalle guerre.

Da una parte, abbiamo un’Europa che appare sempre più incapace di prendere decisioni autonome, completamente dipendente dagli Stati Uniti, dall’altra, negli Stati Uniti, la presidenza di Joe Biden si è dimostrata un disastro, soffocata dalla debolezza e dal disorientamento di un uomo malato e non in grado di rivestire il ruolo che ancora occupa, incapace di esercitare un controllo effettivo sulla situazione.

Questo vuoto di potere ha permesso ai potenti che hanno interessi nella vendita di armi, e in tante altre dinamiche garantite dalle guerre, di gestire la Casa Bianca come volevano.

Infatti, non è un mistero che le prime cinque industrie produttrici di armi siano americane, così come è palese il fatto che l’industria americana si regga sulle guerre.

Prolungare il conflitto il più a lungo possibile per servire gli interessi delle lobby delle armi, che traggono enormi profitti dalla guerra, è normale per questi gruppi realmente al potere in America. Quelli che hanno guidato Biden finora e che appoggiano l’attuale vicepresidente per continuare la medesima politica.

In questo gioco di teatro, Zelensky e gli altri leader europei sono semplici strumenti per raggiungere i loro scopi. Sono comparse che avranno un ruolo fino a quando saranno funzionali allo scopo e al copione.

LA VERA CRISI DELL’OCCIDENTE È LA MANCANZA DI LEADER CHE NON SIANO ZERBINI DELL’AMERICA

In un contesto così complesso, la vera crisi che emerge non è solo quella del conflitto militare in Ucraina, ma anche quella della politica e della diplomazia occidentali, circostanza messa in evidenza anche dai crimini di guerra commessi da Israele a Gaza per cui l’Europa, un tempo faro di equilibrio e stabilità, sembra aver perso la sua capacità di agire come mediatore e pacificatore.

L’Unione Europea è frammentata e divisa, incapace di sviluppare una politica estera comune e coerente.

Dall’altra parte dell’Atlantico, la situazione non è migliore.

Il disastroso quinquennio di Joe Biden non è riuscito a ripristinare la fiducia e l’autorità degli Stati Uniti sulla scena mondiale, anzi, ha contribuito ad accelerare il tramonto dell’impero americano.

Invece di promuovere la pace, l’attuale amministrazione si è dimostrata guidata da interessi economici e militari che poco hanno a che fare con il bene comune.

La vera domanda è: quando la politica e la diplomazia torneranno ad avere un ruolo centrale nelle decisioni globali? Ammesso che sia ancora possibile.

Finché le decisioni continueranno a essere dettate da interessi occulti e da figure invisibili, sarà difficile immaginare una fine rapida e pacifica del conflitto in Ucraina.

Finché ci saranno battaglioni di soldati dall’inglese madrelingua pronti a indossare la divisa ucraina e ad entrare in territorio russo, il rischio di una Terza Guerra mondiale sarà sempre vivo e probabile.

È necessario un ritorno alla vera politica, quella che mette al primo posto gli interessi dei cittadini e la pace internazionale, piuttosto che quelli delle lobby delle armi e dei gruppi di potere.

Ma siamo ancora in tempo?

CONCLUSIONI: UN FUTURO INCERTO

L’attuale situazione in Ucraina rappresenta uno dei momenti più critici della storia recente.

La manipolazione dell’informazione da parte delle propagande, il sabotaggio dei negoziati di pace e l’assenza di una leadership forte in Occidente hanno creato un contesto in cui la guerra sembra destinata a continuare indefinitamente.

Finché i media occidentali continueranno con le narrazioni fantasiose di sanzioni pronte a piegare Mosca in poche settimane, di Putin prossimo alla morte per una serie infinita di malattie, di esercito russo allo sbando senza più munizioni e altre corbellerie, la propaganda soffocherà la verità.

Tuttavia, c’è ancora speranza. Se le forze della politica e della diplomazia riusciranno a riprendere il controllo, con politici capaci di ascoltare le opinioni dei popoli e non delle lobby di potere, c’è la possibilità di fermare l’escalation e di trovare una soluzione pacifica al conflitto.

Quello che è chiaro, però, è che il tempo stringe. Ogni giorno che passa senza un cambiamento di rotta è un giorno in più in cui la guerra miete vittime innocenti e minaccia la stabilità globale.

Ad oggi, l’Ucraina conta oltre centocinquantamila giovani mutilati, interi territori rasi al suolo, un numero impressionante di morti e defezioni e fughe in ogni angolo del globo.

Se non si ferma la guerra, i casi sono due: o l’Ucraina sparirà dalla cartina geografica, oppure il mondo vedrà la sua fine con una guerra nucleare.

Per questo bisogna che la politica torni in mano a chi fa politica e non a commerciali delle lobby delle armi.

di Pasquale Di Matteo

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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