In quel grande teatro che è la comunicazione moderna, uno strano accordo, che potremmo definire tacito accordo, si è instaurato tra chi produce l’informazione – giornalisti, esperti, politici – e il pubblico.
Quello che Umberto Eco definirebbe Patto Finzionale.
Un patto in cui l’autore (il sistema mediatico) e il pubblico (i cittadini comuni) si accordano per fingere di credere a tutto ciò che viene narrato, sospendendo ogni esercizio critico. Come in un romanzo in cui le incongruenze non contano, basta accettare il racconto, chiudere gli occhi e andare avanti.
Prendiamo alcuni casi concreti.
Se scrivessi un romanzo con la narrazione ufficiale dell’11 settembre e lo presentassi alla mia editor, mi risponderebbe che la trama non regge. In verità, anche i miei lettori beta me lo farebbero notare.
Troppi buchi, troppe coincidenze.
Il giorno dell’attentato l’aeronautica militare, guarda caso, era impegnata in un’esercitazione proprio su un ipotetico attacco alle Torri Gemelle, distante centinaia di miglia da New York. Quando ai piloti arrivarono le prime voci di quanto stava davvero accadendo, credettero ancora che facesse parte dell’esercitazione, provocando confusione totale.
E perché ad agosto 2001, proprio il mese prima dell’attacco, venne inspiegabilmente abbassato il livello di sicurezza nelle Torri, rimuovendo i cani antiesplosivo?
Coincidenze, ci dicono da oltre vent’anni. Come il crollo controllato dell’edificio 7, mai colpito direttamente, ma crollato come in una demolizione perfetta, – come le stesse Torri Gemelle-, nonostante tra sé e le Torri ci fossero altri edifici.
Come il fatto che il crollo di questo edificio fu annunciato in diretta, ma circa quindici minuti prima che lo stabile crollasse effettivamente, quando era ancora ben visibile nell’inquadratura, alle sue spalle.
Se fosse una sceneggiatura, la straccerebbero.
Ma non è finita. Andiamo avanti con la pandemia.
Ricordate quando era considerato complottista chiunque osasse mettere in dubbio che il virus fosse uscito dal famigerato laboratorio a Wuhan? O chi aveva il coraggio di sospettare che i vaccini potessero avere effetti collaterali? O chi osava criticare il Green Pass come strumento di sicurezza?
Ora, a distanza di tempo, emergono prove che il virus era davvero uscito dal laboratorio cinese, i vaccini hanno causato effetti collaterali anche gravi, tanto che alcuni sono stati ritirati, e il Green Pass si è rivelato una farsa: non impediva il contagio, né garantiva l’immunità, ma causava discriminazione più vicina a fascismo e nazismo che al concetto di democrazia.
Eppure, all’epoca, chi si permetteva di sollevare dubbi veniva bollato come eretico.
Poi c’è la guerra in Ucraina.
Nel marzo 2022, ci raccontavano che le sanzioni contro la Russia avrebbero messo in ginocchio Mosca entro pochi mesi. Mario Draghi stesso diceva che “le sanzioni hanno avuto effetti devastanti”.
– Forse intendeva per le nostre aziende e il nostro costo della vita? In tal caso, mi scuso per il piglio critico-
Qualcuno parlava della fine del Cremlino già per l’estate di quell’anno. Era il 2022.
Oggi, nel 2024, vediamo che l’Ucraina conta oltre 150.000 giovani mutilati; i morti non si contano più; un terzo della popolazione in età militare è fuggito all’estero e le sanzioni hanno fatto più male a chi le ha imposte che a chi le ha subite.
Il conflitto è in stallo, un pareggio sanguinoso e disastroso. Ma la narrazione continua, imperterrita, alimentata da trilioni di dollari di armi e da uomini mandati al macello.
Cos’hanno in comune tutte queste vicende?
Il Patto Finzionale.
Un accordo implicito tra chi ci racconta bugie confezionate come verità e un pubblico che ha smesso di farsi domande.
È questo il segreto della propaganda moderna: non si tratta più di manipolare apertamente la verità, ma di far sì che le persone non si accorgano delle incongruenze, che non vedano, non sentano, non pensino.
Perché? Perché hanno lasciato lo spirito critico in soffitta, poiché pensare costa fatica e, spesso, impone di autocriticarsi e di ammettere di aver sbagliato.
La propaganda, oggi, funziona attraverso tre pilastri fondamentali: paura, autorevolezza e, appunto, il Patto Finzionale.
LA PAURA
Il primo pilastro è la paura, instillata goccia dopo goccia, giorno dopo giorno.
Durante la pandemia, ogni giorno alle 18:00, eravamo bombardati dal bollettino dei morti, degli asintomatici, dei nuovi contagi. Un numero elevatissimo di persone sane spacciate per malate.
E si andava avanti per slogan come “Andrà tutto bene”, “Siamo chiusi oggi per abbracciarci più forte domani” e “Ancora quindici giorni”.
Ora, immaginate se ogni giorno vi dicessero che in Italia muoiono circa 1.800 persone. Sembra un numero impressionante, vero?
Ma è semplicemente la media – fonte ISTAT – dei morti in Italia ogni anno, circa 680.000 persone. (E nei mesi invernali, si arriva anche a picchi di 3000 morti al giorno, poiché influenze e polmoniti colpiscono soprattutto con il freddo).
Perché non ci spaventiamo allo stesso modo?
Semplice: perché non ce lo dicono.
Se lo facessero, il pubblico si anestetizzerebbe, smetterebbe di aver paura per numeri minori.
Avverrebbe quella assuefazione che si determina quando si sente che a Gaza ci sono oltre 41000 vittime e tanti fanno spallucce. -In questo caso, tuttavia, subentrano anche fenomeni esterni, tra i quali il razzismo e il tifo politico a favore di Israele-
Ma quando la morte viene incorniciata come eccezionale e continua, come nel caso della pandemia, la paura è uno strumento potentissimo.
L’AUTOREVOLEZZA
Il secondo pilastro è l’autorevolezza.
Oggi, più che mai, l’autorità non si guadagna con la competenza, ma si compra.
Avete mai notato che gli ospiti fissi in tv non sono lì perché sono i più esperti nel loro campo, ma perché hanno pagato il loro spazio? Non lo sapevate?
La televisione, oggi, è un mercato.
Un tempo, gli sponsor spendevano vagonate di quattrini per pubblicizzare i prodotti nei programmi seguiti da milioni di persone, ma allora esistevano solo RAI e Mediaset. Oggi, invece, ogni emittente si scontra con centinaia di televisioni in chiaro e altrettante a pagamento, senza dimenticare YouTube e altre piattaforme.
I telespettatori sono tanti solo in grandi eventi, come il Festival di Sanremo o le partite della nazionale di Calcio.
I grandi sponsor non hanno più alcun motivo di investire per pubblici sempre più piccoli, perciò diversificano l’investimento su più emittenti e piattaforme.
Senza dimenticare gli influencer, che consentono di raggiungere pubblici specifici, anche di nicchia, a costi esponenzialmente minori rispetto alla tv.
Di conseguenza, gli sponsor coprono solo una parte dei costi di un programma televisivo, cosa che ha introdotto la consuetudine degli esperti che pagano per parlare.
Non a caso, da quando l’offerta televisiva è diventata esponenziale, ci sono ospiti fissi che non vengono più pagati per presentarsi in televisione, ma pagano per esserci.
Se lo fa un medico in tv, lo percepiamo come più autorevole del nostro medico di famiglia. Lo stesso vale per l’avvocato, il meccanico, il bancario…
Perché?
Perché ha lo spazio, la visibilità. Perché va in televisione ed è noto.
IL PATTO FINZIONALE
Il terzo pilastro è il Patto Finzionale, il più subdolo e pericoloso.
Perché il pubblico si fida di ciò che vede in televisione? Perché accetta le incongruenze senza fiatare e, spesso, critica chi è scettico? Perché preferisce credere alla versione ufficiale anziché farsi domande?
Perché, in fondo, è più comodo così.
È più facile lasciare che qualcun altro pensi al posto nostro. Inoltre, si ha la malsana abitudine di ritenere corretta un’idea perché è quella espressa dal politico o dal partito di appartenenza. In pratica, molte persone chiudono il proprio pensiero all’interno di scatole, per cui chiunque faccia parte di altre scatole sbaglia, mentre chi ne fa parte è buono, bravo, bello, magnifico.
La propaganda funziona così: attraverso un gioco di specchi, di ruoli comprati e venduti, e di storie raccontate a un pubblico che ha accettato, di buon grado, di non vedere più il confine tra realtà e finzione.
Chi, allora, ha il coraggio di dubitare, di porsi domande, di attivare quello spirito critico che la comunicazione di oggi cerca disperatamente di soffocare?
Sono pochi e vengono etichettati come “complottisti”, come se dubitare fosse una colpa.
Ma ricordate, nel mondo reale non siamo in un romanzo. Le persone soffrono e muoiono davvero. Le guerre non si svolgono come alla PlayStation, dove se muori hai un’altra vita.
Il nostro compito, oggi più che mai, è tornare a leggere tra le righe, a filtrare le notizie, a esercitare il dubbio.
Per chi lavora nel campo dell’informazione e della comunicazione, diventa un obbligo morale estirpare le fake news e denunciare le narrazioni ideologiche della propaganda. Di tutte le propagande. Perché la propaganda non è esclusiva degli altri.
Solo così potremo liberarci dal giogo della propaganda e tornare a essere cittadini consapevoli, non più semplici spettatori di una realtà preconfezionata in cui un manipolo di super ricchi decide come dobbiamo comportarci, cosa dobbiamo acquistare, in che modo dobbiamo pagare e persino che cosa dobbiamo pensare.

