IL RAPPORTO CHE NON LASCIA SCAMPO: UN’ACCUSA AL VELENO CONTRO IL PREMIER
Un rapporto impietoso, quasi quanto la realtà che descrive, quello stilato dalla Commissione civile d’inchiesta sui tragici eventi del 7 ottobre 2023.
Il verdetto?
Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano, è il responsabile numero uno, seguito a ruota da una combriccola di leader politici che hanno scambiato la sicurezza del Paese per una partita di poker.
Solo che stavolta, a perdere, sono stati 1.200 civili massacrati da Hamas.
Perché, a sentire i critici – ormai praticamente chiunque respiri in Israele -, il premier avrebbe «soffocato le voci critiche» e radicato l’idea che qualche valigia piena di contanti potesse comprare la tranquillità con Hamas.
Ma non solo: ha anche perfezionato un’arte pericolosa, quella di «alimentare l’impreparazione dello Stato sotto quasi ogni aspetto». E tutto questo mentre il popolo dei kibbutz cadeva sotto i colpi dei miliziani.
ARROGANZA, DENARO E ILLUSIONI: LA GRANDE STRATEGIA FALLITA
«CON HAMAS BASTA PAGARE»: IL SOGNO INFRANTO DI NETANYAHU
L’idea era geniale: finanziare Hamas per indebolire Abu Mazen e mantenere una parvenza di calma.
Un piano degno di un film di spionaggio di serie B, con valigie di contanti che secondo Netanyahu sarebbero finiti in… boh, attività ricreative, magari una squadra di calcetto.
Peccato che, mentre il premier dormiva sonni tranquilli, Hamas costruiva arsenali che nemmeno i videogiochi di guerra.
Le forze di intelligenza, da mesi in preda a un attacco di ansia preventiva, avevano avvisato: «Occhio, qui si muove qualcosa».
La risposta? «Hamas è scoraggiato, non succede niente».
Invece è successo tutto. E nel modo peggiore possibile.
IL GRANDE INDEBOLIMENTO: ISTITUZIONI IN PANNE
IL CONSIGLIO DI SICUREZZA? “SERVIRE SOLO LE INTUIZIONI DEL PREMIER”
Nel frattempo, le istituzioni israeliane sono state svuotate come un’anguria in estate.
Il Consiglio di sicurezza, ad esempio, sembra ormai uno strumento per confermare ciò che Netanyahu ha già deciso. Altro che discussione strategica.
Per non parlare degli organi di controllo, trasformati in decorazioni di un sistema che sembra fatto di cartapesta.
Una dittatura da commedia, insomma, con tanta ferocia, tanta “spocchia” e una quantità abnorme di pressapochismo.
Questo clima di improvvisazione non è nato ieri.
È il frutto di anni di ideologia di un premier convinto che la democrazia sia opzionale e che, al massimo, serva giusto per fare bella figura alle conferenze stampa.
IL RAPPORTO GALLANT-NETANYAHU: UNA TRAGEDIA NELLA TRAGEDIA
UNA GUERRA A BASSA INTENSITÀ (TRA PREMIER E MINISTRO DELLA DIFESA)
Se le cose non vanno, meglio dare la colpa a qualcuno.
Così Netanyahu e l’ex ministro della Difesa, Yoav Gallant, hanno trasformato la sicurezza nazionale in una lite da cortile.
Secondo il rapporto, infatti, i due avrebbero raggiunto livelli di tensione tali da danneggiare «gravemente» la sicurezza dello Stato.
Risultato?
Gallant rimosso, il caos amplificato, e l’IDF (l’esercito israeliano) costretto a difendersi più con la forza del pensiero che con le armi: in alcuni campi militari mancavano addirittura i fucili.
Questo abbandono sistematico, dicono i critici, è il simbolo di un governo che si affida più alla tecnologia che agli esseri umani. Peccato che i droni non bastino per fermare un’invasione.
BENNETT E LAPID: QUANDO ANCHE GLI ALTRI NON FANNO MEGLIO
IL CLUB DEL “DENARO IN CAMBIO DI TRANQUILLITÀ”
Non che i predecessori di Netanyahu possano festeggiare.
Naftali Bennett e Yair Lapid, stando al rapporto, hanno implementato con entusiasmo lo stesso modello del “denaro in cambio di tranquillità”.
Come se riempire di soldi Hamas fosse una garanzia per la sicurezza. Il risultato? Arsenali cresciuti a dismisura, prigionieri e dispersi lasciati senza risposte e un popolo, quello israeliano, che ora chiede giustizia.
CONCLUSIONI: UN FALLIMENTO CORALE E UNA RICHIESTA DI RISPOSTE
Non è solo una questione di errori, ma di un intero sistema politico che sembra aver dimenticato il proprio ruolo e che ha cercato solo di costruire un sistema di potere per scopi vanagloria e scopi personali.
Netanyahu, Bennett, Lapid: tutti colpevoli, chi più, chi meno. Anche se l’attuale presidente è andato ben oltre, macchiandosi di crimini contro l’umanità per i quali è stato chiesto un mandato d’arresto internazionale.
E mentre il popolo israeliano chiede risposte, la classe politica sembra ancora impegnata a rimbalzarsi le colpe e dirsi inorridita per il mandato d’arresto, come se massacrare oltre 42000 persone possa definirsi sport o passatempo.
Un consiglio?
Meno valigie di contanti e più ascolto.
E ai tanti che ancora difendono quello che per la Corte Penale Internazionale è un criminale che si è macchiato di crimini contro l’umanità… beh, ancora una volta, non avete indovinata mezza.
Forse, sarà per la prossima volta. Se ci sarà una prossima volta.
