IL GOVERNO AUMENTA GLI STIPENDI AI MINISTRI NON ELETTI? ECCO LA VERITÀ

IL DIBATTITO: SOLDI, POLITICI E INDIGNAZIONE A OROLOGERIA

È scoppiato un altro caso mediatico. La solita minestra, servita fredda: il governo Meloni accusato di aver aumentato gli stipendi di ministri e sottosegretari.

L’indignazione è esplosa come un temporale d’agosto, con dichiarazioni al vetriolo di Elly Schlein (PD), Giuseppe Conte (M5S) e Matteo Renzi (Italia Viva), quello del famoso aereo di Stato.

E già vedo i soliti eruditi da Bar Sport e laureati su Google con la bava alla bocca, lamentarsi perché i politici italiani sono i più pagati al mondo.

Sì, magari dell’intera galassia.

Ma vediamo quanto c’è di vero e quanto è solo stereotipo da bar, appunto.

CHE COSA DICE IL FAMIGERATO EMENDAMENTO?

UNA MANOVRA DA GIOVEDÌ SERA

Venerdì 13 dicembre – un giorno che sembra scelto apposta per la concomitanza con Santa Lucia – in Commissione Bilancio è stato presentato un emendamento al disegno di legge di Bilancio 2025.

Firmato da relatori della maggioranza, ha proposto di modificare una legge del 1999: quella che regola le indennità per ministri e sottosegretari non eletti in Parlamento.

Fino a oggi, questi membri del governo percepivano solo l’indennità base, pari a circa 5.000 euro netti mensili.

L’emendamento approvato ha equiparato il loro stipendio a quello completo di un parlamentare, ossia oltre 12.000 euro netti al mese, cifra che si ottiene aggiungendo alla cifra base di 5000 euro, circa 7000 euro per pagare altri servizi, quali portaborse, segretari e aiutanti vari, che non possono certo lavorare gratis.

In pratica, tra i ministri eletti in Parlamento e quelli nominati dal Presidente della Repubblica, ma non eletti in nessuna delle Camere, c’era una differenza di trattamento economico di circa 7.100 euro.

Quindi, i ministri lavorano più di un parlamentare comune e hanno molte più responsabilità, ma non percepivano nemmeno un centesimo di diaria nè rimborsi per collaboratori e consulenze.

Sono circa 7100 euro al mese in più, un bel salto, non c’è dubbio. Ma prima di indignarci, facciamo chiarezza.

QUANTO GUADAGNANO VERAMENTE I PARLAMENTARI?

Parliamo di cifre. I parlamentari italiani godono di:

  • Indennità base: circa 5.000 euro netti al mese;
  • Diaria: massimo 3.500 euro mensili per il soggiorno a Roma (decurtata per ogni singolo giorno di assenza);
  • Rimborsi per collaboratori: circa 3.700 euro per i deputati e fino a 4.000 per i senatori;
  • Spese telefoniche: 1.200 euro annui;
  • Viaggi gratis: in autostrada, treno, nave e aereo, a livello nazionale.

Nel complesso, un parlamentare può arrivare a incassare oltre 12.000 euro netti al mese, una cifra che fa arrossire un ministro non eletto, che con le vecchie norme era relegato ai soli 5.000 euro di indennità di base.

Come già detto, un ministro non eletto percepiva 7000 euro al mese in meno di un parlamentare comune, pur avendo più responsabilità e certamente più cose da fare.

Un po’ come se in azienda, un direttore di reparto guadagnasse 500 euro al mese, mentre un operaio comune ne portasse a casa 1400.

Per questo l’emendamento ha proposto di colmare il gap, portando gli stipendi dei ministri non eletti a parità con quelli dei parlamentari comuni. Proprio come avviene per i ministri eletti.

Infatti, in base alla legge del 1999, modificata nel 2013, un ministro eletto non percepisce nulla di più di quanto guadagni già come parlamentare, perciò 12000 euro, nonostante abbia più responsabilità e lavoro.

L’emendamento appena approvato ha voluto portare anche i ministri non eletti ad avere gli stessi stipendi dei colleghi eletti, cosa che, anche solo per logica giuridica e parità di ruolo, risulta ineccepibile quanto condivisibile da chiunque non faccia analisi populiste da bar sport o non si sia laureato all’università della strada.

I BENEFICIARI: CHI GUADAGNERÀ DAL CAMBIAMENTO?

Attualmente, 18 membri del governo Meloni non sono parlamentari. Tra i nomi più noti:

  • Guido Crosetto, ministro della Difesa;
  • Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno;
  • Orazio Schillaci, ministro della Salute;
  • Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione;
  • Marina Elvira Calderone, ministra del Lavoro.

Secondo il ministro Crosetto, è “giusto” che i ministri non eletti abbiano lo stesso trattamento economico dei loro colleghi parlamentari, tuttavia, per smorzare le critiche, aveva proposto che l’aumento entrasse in vigore dal prossimo governo.

LE OPPOSIZIONI: MORALISMO A SENSO UNICO

Non tutti all’opposizione hanno puntato il dito. Carlo Calenda (Azione) ha dichiarato che è assurdo pagare un ministro meno di un parlamentare, considerando le maggiori responsabilità e l’impossibilità di svolgere altri lavori. Una riflessione interessante, che stride con il coro indignato di altri leader.

Ma ora veniamo al pubblico, il vero termometro della moralità italiana.

MA QUANTO GUADAGNANO I POLITICI ALL’ESTERO?

Olaf Sholz, appena sfiduciato in Germania, guadagna 343.300 euro l’anno.

I ministri federali tedeschi vantano uno stipendio di 17.990 euro al mese, a cui bisogna sommare una franchigia annua di circa 3.681 euro. Più dei colleghi italiani.

In Francia, Macron porta a casa ogni anno 141.696 euro, mentre i ministri percepiscono circa 10700 euro. Non molto meno dei colleghi italiani.

In Irlanda, il primo ministro porta a casa 243.895 euro all’anno.

In Svezia, il primo ministro guadagna 191.000 corone svedesi, ovvero 16.548,93 euro, mentre i ministri ricevono un compenso pari a 150.500 corone svedesi, ovvero 13.039,86 euro, più di quanto guadagnano i colleghi italiani.

E in Inghilterra?

I parlamentari percepiscono meno dei colleghi italiani, ma quelli che ricoprono particolari funzioni, per esempio i presidenti delle commissioni parlamentari, godono di una retribuzione pari a 17.354 sterline lorde all’anno, circa 20 mila euro.

Al confronto, ministri e parlamentari italiani sono sottopagati.

È vero che ci sono paesi in cui chi fa politica è pagato meno, come in Spagna, per esempio, ma l’idea che i politici italiani siano i più pagati al mondo è uno stereotipo da briscolata al bar.

(Fonti: pagellapolitica; Open, LaStampa, IlSole24Ore)

L’INDIGNAZIONE A OROLOGERIA DEGLI ITALIANI

DUE PESI E DUE MISURE

Certo, è facile scagliarsi contro i politici, soprattutto quando si parla per sentito dire, si studia poco e si legge ancora meno.

L’ignorante immagina i politici come ingordi vampiri pronti a succhiare ogni euro dalle casse pubbliche. Ma chi urla allo scandalo ha mai fatto i conti con la propria coerenza?

Gli stessi che si indignano per 7.000 euro in più per un ministro – che poi non sono in più, come abbiamo visto – sono quelli che:

  • Rifiutano una trasferta perché “è troppo lontano”.
  • Sbottano per un’ora di straordinario in più.
  • Si lamentano se il pranzo aziendale non include il dolce.
  • Sbraitano se si chiede loro di lavorare sabato e domenica, oppure di notte.
  • Non vogliono lavorare in trasferta perché di sera vogliono stare con coniuge e figli.
  • Si lamentano se un collega ottiene un aumento, figuriamoci se addirittura sottoposto.
  • Hanno il poster di Marchionne in camera e considerano di successo chi guida un’auto di lusso.

In Italia, il moralismo è sempre gratuito, figlio di chi vorrebbe gli onori di chi ha anche oneri, ma senza avere a che fare con questi ultimi, senza responsabilità, riunioni in giro per il mondo a qualsiasi ora, anche passando settimane lontani da casa.

Gli stessi cittadini che puntano il dito contro i privilegi della politica non si fanno problemi a sfruttare ogni possibile scappatoia fiscale o beneficio personale, a cominciare con il ricorso alla malattia anche per un mal di testa, quando non si ha voglia di andare al lavoro.

LA VERA QUESTIONE: RESPONSABILITÀ E MERITO

Se un ministro ha più responsabilità di un parlamentare, perché dovrebbe guadagnare meno?

E, qualora fosse giusto che un ministro guadagnasse meno di un parlamentare comune, perché un responsabile di reparto, un direttore, un capoufficio devono guadagnare più di un dipendente comune?

Invece di urlare allo scandalo, forse è il caso di chiedersi quanto valgano competenza, dedizione e sacrificio e anche se si è all’altezza di occupare quelle mansioni.

Uno stipendio non deve solo ripagare le ore di lavoro, ma gli studi e la fatica fatta per ottenere competenze che altri non hanno.

Perché, se è più facile indignarsi che fare autocritica, è difficilissimo trovare persone disposte a donare ore, giorni, settimane, mesi lontani da casa, dagli affetti, dalle proprie passioni, per la politica e per il Paese. Soprattutto quando non sono laureati all’università della strada e sono analisti e professionisti dotati di competenze vere e non da bar sport.

Qualcuno ruba e froda gli italiani?

Vero. È capitato e capiterà, come in tutti gli altri paesi del mondo. Ma un assenteista, un malato immaginario, uno che non rende in ufficio, non frodano e rubano ai colleghi e al datore di lavoro?

E chi millantava di restituire i soldi percepiti in Parlamento non ci ha fatto buttare milioni in banchi a rotelle inutili se non a ridere?

Quindi, ben vengano i politici ben pagati, soprattutto quando hanno competenze reali e non da star della tavolata in pizzeria.

CONCLUSIONI: SCANDALO O LOGICA?

Il vero scandalo è la nostra doppia morale: pronti a giudicare chiunque, ma sempre con l’occhio rivolto al nostro tornaconto personale.

Forse è ora di alzare lo sguardo e discutere di merito, piuttosto che di moralismo, ricordando che se l’Italia non è l’Africa, ma uno dei paesi più ricchi al mondo, nonostante mancanza di materie prime, una burocrazia disarmante e tante altre criticità, lo dobbiamo anche a quella classe politica che continuiamo a criticare.

Si può fare meglio?

Sì, sempre. Anche la Germania, che credevamo perfetta, ha tanti scheletri nell’armadio.

Ci si potrebbe accontentare di indennità e benefit più contenuti?

Sì, certo, ma questo discorso non è diverso da quello dell’imprenditore che si chieda perché debba pagare anche solo 1000 euro un dipendente che svolga una mansione da scimmia ammaestrata, quando chiunque potrebbe sostituire quel dipendente.

Mentre non è detto che chiunque possa svolgere il ruolo di ministro, sottosegretario o altri incarichi senza fare danni. E ricordo ancora i banchi a rotelle, per chi volesse qualche esempio.

Ma si può fare meglio anche come cittadini comuni. Cominciando a fare politica, per esempio.

Tuttavia, prima di farla e di criticarla, occorrerebbe studiare e informarsi. Possibilmente su libri, quotidiani, riviste e all’università, non su Google e al Bar Sport.

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Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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