Gli ultimi giorni dell’anno sono un periodo unico: il calendario si avvicina alla sua conclusione e, inevitabilmente, cresce in ognuno di noi il desiderio di voltare pagina, compilando una lista di buoni propositi che diventa quasi un rituale collettivo, un modo per proiettare su di sé l’immagine di una persona migliore.
Ma quante di queste promesse vengono rispettate? E quali effetti ha su di noi il fallimento nel mantenerle?
IL FENOMENO DELL’ABBANDONO PRECOCE: UNA QUESTIONE DI AUTOSTIMA
La realtà è che molti di questi buoni propositi evaporano già entro i primi giorni del nuovo anno, a cominciare dai due progetti più comuni: mettersi a dieta e iscriversi in palestra.
L’iscrizione in palestra, la dieta rigida o lo studio di una nuova lingua vengono abbandonati con sorprendente facilità, eppure, queste dinamiche, che possono apparire di poco conto, hanno un’enorme influenza sull’autostima, in senso positivo, se si riesce a ottenere risultati, ma negativa, se si abbandona il progetto.
Perché, cosa accade in noi quando gettiamo la spugna?
Il fallimento nell’onorare le nostre promesse personali comunica al nostro inconscio un messaggio implicito: “Non sono all’altezza”.
Questo atteggiamento mina la nostra autostima e può alimentare una spirale negativa, nutrendo un inconscio sempre più convinto di non essere all’altezza delle sfide da affrontare.
Ogni nuovo progetto abbandonato, infatti, diventa un tentativo fallito che rinforza l’idea di non essere capaci di portare avanti impegni importanti, soprattutto se a lungo termine.
In termini sociologici, si crea una narrativa interna che consolida un’identità fragile e insicura, ma, poiché l’identità è fondamentale per affrontare sfide importanti, la cosa rappresenta un problema serio.
Il problema sta nel volere tutto e subito, e senza sforzo.
Il segreto, invece, sta nel fissare obiettivi temporali, spostando l’asticella più su dopo ogni traguardo raggiunto.
Altrimenti, una volta persi dieci chili, si ricomincia a mangiare più di prima, tornando grassi nel giro di un paio di mesi, cosa che abbatte il morale e fa pensare di non essere all’altezza.
RIPENSARE GLI OBIETTIVI: L’IMPORTANZA DI UNA COMUNICAZIONE COSTRUTTIVA CON SÉ STESSI
Per interrompere questo circolo vizioso, è necessario adottare un approccio più maturo e responsabile verso i nostri obiettivi e qui entra in gioco il concetto di comunicazione propositiva, cioè un dialogo interiore che costruisca anziché demolire, aiuti invece di affossare.
Ma come si può mettere in pratica questo principio?
1. STABILIRE OBIETTIVI REALISTICI E MISURABILI
Spesso, il problema non è la mancanza di volontà, ma l’eccessiva ambizione.
Promettere a sé stessi di perdere dieci chili in un solo mese, oltre che dannoso, costringe a privazioni impossibili da mantenere per più di pochi giorni, mentre sarebbe più intelligente e di buonsenso affidarsi a un nutrizionista per una dieta professionale e specifica per ciascun soggetto.
Un obiettivo irrealistico è destinato a fallire, perciò a generare frustrazione.
Al contrario, suddividere un traguardo ambizioso in piccoli passi rende il percorso meno intimidatorio e certamente più facile da realizzare.
Ogni piccolo successo rinforza la fiducia in sé e crea una dinamica positiva. Un po’ come avviene agli studenti che cominciano a prendere ottimi voti, i quali alimentano la voglia di studiare per continuare a mantenere medie alte proprio in virtù del rinforzo rappresentato dalle ottime votazioni e dalle soddisfazioni che questi generano.
2. FOCALIZZARSI SUI VALORI PERSONALI
Perché vogliamo raggiungere un determinato obiettivo?
Spesso ci fissiamo su traguardi che non rispecchiano i nostri valori più profondi, ma solo aspettative sociali, dei parenti, dei conoscenti, o pressioni esterne, e ciò è il primo passo per addentrarsi in percorsi accidentati che lasceremo alla prima difficoltà.
Riconoscere quanto è veramente importante per noi ci aiuta a scegliere obiettivi significativi, che ci motivano davvero, ma qui entra in gioco uno di quei fattori di cui parlo spesso: il coraggio.
Per crescere, bisogna avere il coraggio di percorrere strade che piacciono a noi, anche correndo il rischio di restare l’unico.
Ricordate che i libri di storia sono pieni di nomi di persone considerate folli dalle masse, ma che hanno avuto il coraggio di seguire percorsi e idee spesso stravaganti e certamente non comuni e persino fuorilegge.
Pensate ai carabinieri durante il fascismo, a Mazzini, a Garibaldi, ai tanti rivoluzionari in mezzo mondo. Pensate a Silvio Berlusconi, a Steve Jobs o a Elon Musk.
Il coraggio. Coraggio di non giudicare sé stessi e gli altri dall’auto che guidano o dall’ampiezza del portafogli, ma dalla loro cultura, dall’istruzione, da ciò che possono dare in termini di competenze e spessore.
Il coraggio di comprendere che le mansioni non sono buone o meno buone in base agli stipendi che regalano, ma alle competenze che servono per svolgerle e al valore aggiunto che danno alla società.
Pensate al valore incommensurabile degli insegnanti e degli infermieri, per esempio, più elevato per la società di quello che possono dare tanti milionari anche noti.
Pensate ai giornalisti e agli analisti, che consentono di comprendere in quale mondo viviamo.
3. MONITORARE I PROGRESSI REGOLARMENTE
Una leadership responsabile richiede consapevolezza e se un individuo non è in grado di gestire con consapevolezza progetti personali, non può essere un valido leader.
Monitorare i propri progressi, ad esempio con un diario o una app, è un modo efficace per restare concentrati sugli obiettivi, un po’ come un libretto universitario su cui aggiornare i voti degli esami sostenuti e dei crediti ottenuti.
Festeggiare per ogni progresso, e depennare quanto già fatto dal percorso che manca per arrivare alla meta, mantiene alta la motivazione.
4. ACCETTARE GLI ERRORI E SÉ STESSI COME PARTE DEL PROCESSO
Errare è umano, perciò, invece di vedere un errore come un fallimento, impariamo a considerarlo un’opportunità di crescita.
Inoltre, non siamo tutti uguali. Non dobbiamo per forza essere perfetti fisicamente per avere successo.
Non dobbiamo per forza guidare auto di lusso per sentirci realizzati, indossare abiti alla moda o abitare in ville con piscina.
Il vero successo e la vera realizzazione arrivano dal crescere in spessore personale, migliorare come individui, evolvendoci, svolgendo la professione che più ci valorizza e arricchendo il nostro bagaglio culturale.
Il vero successo si misura nella quantità di cose che ciascuno di noi porterà con sé da morto: cultura, competenze, disponibilità e bontà d’animo.
È vero, le masse e le mode stereotipate inducono a spingere gli individui a scegliere attività lavorative in base agli stipendi, ma non è quella la maturità.
La maturità è svolgere una professione che piace, e per cui si è portati, al meglio delle proprie possibilità, non fare qualcosa che ti fa voltare lo stomaco ogni mattina perché ti dà 300 euro in più al mese.
Tanto, se ci pensi, le spenderai per la rata di un’auto, per acquistare una casa più grande o abiti più costosi. Un’auto usata ti porterà negli stessi luoghi, un focolare più piccolo ha i suoi vantaggi e puoi vestirti dignitosamente anche senza acquistare capi firmati.
Ma svolgere una professione che ti gratifica ti farà sorridere di più e arrabbiare di meno, cosa che ti porterà a essere più affascinante e la vita ti sorriderà.
Ma anche per comprendere questa filosofia delle persone davvero vincenti e felici, ci vuole coraggio. Il coraggio di sorridere a chi punterà il dito per le tue scelte e di fare spallucce.
IL RUOLO DELLA LEADERSHIP INTERIORE
Un vero leader non è solo colui che guida gli altri, ma anche chi sa condurre se stesso verso traguardi significativi, spesso controvento.
La leadership interiore richiede autodisciplina, ma anche empatia e compassione verso le proprie debolezze.
Se sai di essere goloso a tal punto da abbandonare ogni sorta di dieta, cerca di limitarti, ma non importi diete che non rispetterai. Se non sei tagliato per l’autodisciplina che serve a mantenere un fisico da modello, accettalo.
Ciò non significa che tu non possa ambire a traguardi importanti nella vita e nel lavoro, solo perché la tua immagine non rispecchia i canoni e gli stereotipi ottriati dalla società del consumismo.
È fondamentale trattare il proprio io con rispetto, riconoscendo che ogni progresso, per quanto piccolo, merita di essere valorizzato, perciò pianifica obiettivi raggiungibili, non troppo semplici, ma nemmeno impossibili.
Individua cosa ti piacerebbe diventare, migliorare ed essere, e datti degli obiettivi in quelle direzioni, lasciando perdere cosa pensano gli amici, i parenti, i colleghi, la gente e la società.
Le persone vincenti e i leader di spessore hanno un unico giudice: sé stessi.
CONCLUSIONE: IL SEGRETO È NEL CAMBIAMENTO GRADUALE
Gli ultimi giorni dell’anno ci offrono l’opportunità di riflettere e pianificare, ma non devono trasformarsi in un terreno fertile per l’autocritica distruttiva, perciò imparare a fissare obiettivi realistici, allineati ai nostri valori, e a celebrare ogni piccolo successo, è la chiave per costruire una narrativa interiore positiva e generativa.
Perché ogni successo alimenta la voglia di lavorare per ottenerne altri ed è l’unico rinforzo di cui hai bisogno.
Perciò, allontana le negatività, cominciando dalle idee distruttive secondo cui “io non sono in grado di…”, “figurati se alla mia età…” o altri impedimenti che non hanno alcun fondamento se non in antiquate, quanto ignoranti, norme dettate da mode e stereotipi.
Se hai voglia di cambiare lavoro, cambialo. Se vuoi studiare, studia. Se vuoi cambiare vita, fallo.
Chi ti ama davvero ti seguirà e degli altri… saprai fare a meno.
Già scegliere di migliorare e dirsi «ok, da adesso cambio vita» significa avere successo. È il primo traguardo, quel primo passo che la maggior parte delle persone che nella vita non faranno mai nulla di buono non sono in grado di fare.
Ma tu puoi farlo!
Certo, chi prova ad avere successo, può fallire. Come chi prova a vincere una partita e perde contro un avversario più forte. Ma se non giochi, se non provi, perderai senza avere alcuna possibilità di vincere.
Quanta gente si lamenta per un’intera vita del proprio lavoro alle dipendenze per mancanza di coraggio? Per la paura di giocare la partita della vita? Per non abbandonare la zona di comfort rappresentata dal non dover cercare ogni giorno clienti e lavoro?
Giocare, dare tutto e perdere ti darà comunque la consapevolezza di aver giocato – in questo caso, vissuto – al meglio delle tue possibilità e otterrai il rispetto che meriti, da te stesso, in primo luogo, e anche dalla gente.
Perciò, traccia un resoconto della tua vita: elenca le cose buone che hai fatto e i fallimenti.
Prova a chiederti come mai hai fallito: mancanza di competenze, di studio, di coraggio…?
Ora fai un elenco di cosa serve per ovviare alle tue mancanze e pianifica un percorso che ti porti a colmare le tue lacune: iscriversi all’università, a un corso di lingue, attivare una routine d’allenamento fisico…
Tranquillo, non puoi pretendere di risolvere ogni problema in un solo anno, perciò datti tempo e valuta quanto serve.
Poi comincia dal primo passo.
All’inizio, ti sembrerà lungo, persino infinito, ma tra due o tre anni, ti volterai indietro e ti renderai conto di quanta strada avrai fatto e di quanto sarai migliorato, nel lavoro come nella vita.
E parlo per esperienza personale, visto che, in questi anni, ho abbandonato il lavoro da dipendente, riprendendo gli studi, studiando di notte e lavorando di giorno.
Mi sono diplomato, laureato e continuo a studiare.
Ho cambiato vita, lavoro. Sono cambiato io. Sto continuando a evolvermi.
Una volta che compi il primo passo e cominci a mietere i primi successi, sarai ancora più galvanizzato e fisserai nuovi obiettivi da raggiungere e successi da provare ad afferrare. Perché questa è la vita delle persone che hanno davvero successo: studiare, migliorarsi, conoscere, apprendere, applicarsi.
L’alternativa è restare sempre uguali, aspettando che la vita giunga al termine, per accorgersi di avere in mano solo un pugno di rimpianti, di «forse, se avessi provato a…»
Meglio avere ricordi di studi, viaggi, percorsi, incontri, successi e sconfitte. Anche di fallimenti. Meglio avere una vita da raccontare che una serie di anni tutti uguali e di vita identiche a quelle degli altri.
Entrare nel nuovo anno con questa mentalità ci consente non solo di raggiungere i nostri traguardi, ma anche di crescere come persone e come leader di noi stessi.
E, alla fine, è questo il vero successo.
Perciò, buon 2025 a tutti. Che sia un anno di pianificazioni, coraggio e di primi passi.
Coraggio di dare priorità a ciò che arricchisce davvero, lasciando andare il superfluo.
