Cos’è la legalità, e come si intreccia con il concetto di democrazia nell’ordine globale?
La risposta sembra intuitiva: la legalità rappresenta il rispetto delle norme condivise, mentre la democrazia incarna l’idea di uguaglianza politica e di giustizia sociale, tuttavia, analizzando la storia, possiamo affermare che legalità e democrazia entrano in conflitto con la realpolitik, dove gli interessi nazionali e la forza militare prevalgono sulle regole comuni.
Accadeva con gli imperi e continua così ancora oggi.
Un caso recente, che solleva interrogativi profondi su questi principi, riguarda la decisione del Congresso degli Stati Uniti di proteggere Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano, dai procedimenti della Corte Penale Internazionale (CPI) che ha emanato su di lui un mandato d’arresto internazionale per crimini contro l’umanità e crimini di guerra.
Questa misura evidenzia l’inquietante tendenza per cui alcune nazioni si pongono al di sopra delle leggi internazionali, minacciando i fondamenti stessi della democrazia e della giustizia.
Ma esistono ancora democrazia e giustizia? Sono mai esistiti?
IL CONCETTO DI LEGALITÀ E DEMOCRAZIA NEL DIRITTO INTERNAZIONALE
La legalità è il pilastro su cui si fonda qualsiasi società giusta.
Nel diritto internazionale, essa è rappresentata da trattati, convenzioni e consuetudini che regolano i rapporti tra Stati.
La democrazia, d’altro canto, è un principio che va oltre i confini nazionali e suggerisce che tutte le nazioni e i loro cittadini debbano avere uguali diritti e responsabilità di fronte alle norme internazionali.
Eppure, la legalità senza applicazione è una promessa vuota, così come è solo aria nel momento in cui la legalità si applica solo a certe persone e a determinate nazioni e non ad altri individui e ad altri paesi.
La Corte Penale Internazionale è stata istituita con l’obiettivo di garantire che i responsabili di crimini contro l’umanità, di genocidi e crimini di guerra, rispondano delle loro azioni.
Tuttavia, il mancato riconoscimento della sua autorità da parte di potenze come gli Stati Uniti, la Russia, la Cina e Israele compromette la sua efficacia, creando un sistema di legalità a due velocità: uno per i potenti e un altro per chi subisce i loro capricci.
IL CASO NETANYAHU: PROTEZIONE POLITICA E CONSEGUENZE GIURIDICHE
La recente decisione del Congresso USA di includere nel suo pacchetto normativo una disposizione volta a proteggere Netanyahu da procedimenti della CPI è un esempio lampante di questa diseguaglianza. (Puoi verificare la decisione qui)
Anche perché l’accusa, formulata dal procuratore della CPI, Karim Khan, è tra le più gravi nella storia: crimini di guerra e crimini contro l’umanità, tra cui l’uso della fame come arma di guerra e attacchi intenzionali contro civili.
Parliamo di accuse alla Hitler, per intenderci.
Perché allora questa protezione da parte di una nazione che viene definita da più parti la più grande democrazia del mondo?
Perché gli Stati Uniti difendono un nazista contemporaneo?
Gli Stati Uniti considerano Israele un alleato strategico e la lobby pro-Israele, come l’AIPAC, esercita una forte influenza sulla politica americana e tanti politici – ma non solo la politica – dipendono dagli ingenti investimenti che arrivano da alcuni “benefattori” israeliani.
Tuttavia, questa decisione ha suscitato critiche: il deputato Thomas Massie, per sempio, ha denunciato apertamente questa scellerata presa di posizione, che va contro la logica della legalità, inoltre si è chiesto se sia giusto che il Congresso protegga Netanyahu invece di concentrarsi sulle esigenze interne degli Stati Uniti.
Questo caso sottolinea una contraddizione fondamentale: mentre si afferma l’importanza della legalità internazionale, come con Vladimir Putin, si adottano misure per minarne l’efficacia quando a essere criminale e ricercato è un amico.
Ciò dimostra che al mondo non esiste legalità, ma ci sono regole che alcuni devono rispettare o possono non farlo in base agli umori di chi comanda sul pianeta, proprio come accadeva con i re e gli imperatori.
IL RUOLO DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE E LA SFIDA DEI PAESI NON ADERENTI
La CPI è una delle istituzioni più ambiziose del diritto internazionale; diversamente dalla Corte Internazionale di Giustizia, che si occupa di controversie tra Stati, la CPI persegue individui responsabili di crimini internazionali.
Tuttavia, la sua giurisdizione è limitata agli Stati che hanno ratificato lo Statuto di Roma.
Israele, gli Stati Uniti, la Russia e la Cina si rifiutano di riconoscere la CPI; d’altro canto, chi ha studiato la storia può ben immaginare per quale ragione.
Questa resistenza pone una domanda cruciale: è possibile garantire la giustizia globale quando alcune delle maggiori potenze del mondo rifiutano di sottoporsi alle stesse regole imposte ad altri?
Perché il mondo dovrebbe indignarsi per i crimini di Putin e voltarsi dall’altra parte di fronte al genocidio commesso da Netanyahu? In base a quale norma, a quale editto? E stabilito da chi?
Il caso di Netanyahu è emblematico.
Non solo Israele nega la giurisdizione della CPI, ma gli Stati Uniti hanno approvato leggi, come l’“Hague Invasion Act”, che autorizzano l’uso della forza per impedire alla CPI di processare cittadini americani o loro alleati.
Proprio come la Mafia minaccia i giudici che si permettono di giudicare i mafiosi.
Ciò non crea solo un pericoloso precedente poiché erode l’autorità della Corte e mina la fiducia nell’ordine internazionale, ma dimostra come il vero problema per gli equilibri mondiali risiedano nel fatto che esistono ancora imperi retti sulle potenze militari che minacciano il resto del mondo con le loro armi.
Lo abbiamo visto con Cuba nel 1962. Lo abbiamo visto in Libia, in Jugoslavia, in Iraq, in Afghanistan, in Ucraina, ma anche con le interferenze nelle votazioni o con veri colpi di stato in Romania, Georgia, Moldavia, Ucraina, tanto per citarne qualcuna delle nazioni coinvolte in queste pratiche durante gli ultimi anni.
Ci sono nazioni che si comportano come le organizzazioni criminali con i più deboli, ma pretendono che le leggi vengano rispettate da individui e paesi insignificanti o dagli avversari geopolitici.
IMPLICAZIONI POLITICHE E MORALI DOVUTE ALLA PRESENZA DEGLI IMPERI
Le conseguenze di queste azioni sono profonde e preoccupanti.
In primo luogo, minano il principio di uguaglianza giuridica, creando un sistema in cui alcuni paesi possono agire con impunità, in primis Stati Uniti, Russia e Israele, come imperatori del mondo.
Questo non solo indebolisce la legalità internazionale, ma compromette anche il concetto stesso di democrazia, poiché i cittadini di paesi meno potenti vedono negati i loro diritti alla giustizia e, al contempo, notano come vi siano cittadini di serie A e altri considerati rifiuti umani, come i palestinesi.
Dove persino tra gli ultimi c’é chi è più ultimo di altri, come testimoniano l’intervento occidentale nel caso degli ucraini e l’indifferenza del mondo per i crimini contro i palestinesi.
In secondo luogo, questa impunità alimenta una cultura di irresponsabilità.
Se i leader di paesi potenti possono evitare di rispondere delle loro azioni, quale messaggio inviamo al mondo? Che se lo vogliono Stati Uniti e Israele, allora anche il genocidio è democratico e legale?
La democrazia non è solo un sistema di governo, ma un impegno morale verso la giustizia e la responsabilità e se a commettere atti dittatoriali o crimini contro l’umanità sono paesi considerati democrazie, questi vanno perseguiti proprio per rispetto del concetto di democrazia e per riportare i governi di quei paesi sulla via della legalità, altrimenti diventa il Far West.
Perché quando i valori della legalità e dei diritti umani vengono sacrificati sull’altare degli interessi geopolitici, si mette in pericolo la credibilità stessa della democrazia e si allontana sempre di più l’idea di un mondo giusto, dove regni la legalità.
PROSPETTIVE FUTURE E PROPOSTE
Cosa si può fare per invertire questa tendenza?
Una soluzione è rafforzare l’autorità della CPI, ampliandone la giurisdizione e garantendo risorse adeguate alle indagini, sia sotto forma di investimenti di denaro sia dotando i giudici di una forza militare internazionale che possa non solo difenderli dalle minacce di chi si comporta come farebbero le attività mafiose, ma che serva anche a stanare i criminali su cui spiccano mandati d’arresto.
Gli Stati membri dell’ONU devono lavorare insieme per promuovere l’adesione universale allo Statuto di Roma e per isolare diplomaticamente ed economicamente chi si oppone alla giustizia internazionale, anche nel caso specifico, in cui ad appoggiare i criminali sono paesi come gli Stati Uniti d’America.
Inoltre, è cruciale il ruolo della società civile.
Le organizzazioni non governative, i media e gli intellettuali devono continuare a denunciare le ingiustizie e a richiedere responsabilità da parte dei leader politici e, quando non si ottengono risultati, si possono boicottare pacificamente i commerci di quei paesi, scegliendo di non acquistare più merci prodotti dalle loro fabbriche.
E questo possiamo farlo anche da liberi cittadini, senza aspettare norme che non arriveranno mai, visto che gli USA sono un impero e l’Italia una colonia americana di fatto. – Nella storia, Moro, Mattei e Craxi sono gli unici ad aver sfidato apertamente gli Stati Uniti e tutti e tre hanno fatto una brutta fine. Solo un caso? Anzi tre?
Infine, occorre immaginare un futuro in cui le regole siano rispettate da tutti, indipendentemente dalla loro forza economica o militare.
Ciò richiede un impegno collettivo verso la costruzione di un ordine internazionale più equo e inclusivo, ma temo che qui si entri nel mondo delle favole.
Perché la verità è che gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, sono imperi che comandano il mondo, al di sopra di ogni legge e di ogni concetto di democrazia o di dittatura, concetti che sono spesso assai simili.
Gli Usa difendono i criminali, come nel caso di Netanyahu, proprio come la Cina difende i suoi comportamenti interni e la Russia il suo presidente. Gli imperi fanno così da sempre, come ci insegna la storia.
Gli altri paesi possono solo scegliere se appoggiare un impero o l’altro, al di là delle sciocchezze su democrazie e diritto internazionale, che sono solo alcune delle tante fantasticherie raccontate alle masse per far credere che il mondo non sia ancora quello dell’era degli imperi.
La tensione tra legalità e potere politico è una delle sfide più grandi del XXI secolo.
Il caso Netanyahu è un monito, ma anche una dimostrazione inequivocabile della realtà: quando gli interessi degli Stati Uniti d’America e dei loro interessi geopolitici prevalgono sulla giustizia, si mette a rischio la stabilità dell’intero sistema internazionale.
Legalità e democrazia sono solo principi astratti, invenzioni accademiche per convincere i popoli che ci siano alternative ai capricci di chi minaccia l’uso della forza per governare il mondo.
Con buona pace di chi crede ancora alle favole e a quanto veicolato dal cinema di Hollywood.
IL ROMANZO CHE SPIEGA PERCHÈ AL MONDO COMANDANO ANCORA GLI IMPERI
