LA GUERRA DEI DAZI: QUANDO I FOLLI GIOCANO, I CITTADINI COMUNI PAGANO IL CONTO

Sembra la scena da un manicomio isterico la diatriba tra Stati Uniti e Cina, che si accusano a vicenda di “tradimento economico”, mentre il resto del mondo cerca di svignarsela dalla finestra, prima che arrivino gli infermieri con le camicie di forza.

Scherzi a parte, questa guerra è una tragicommedia dove gli attori principali urlano “vinceremo!” mentre navigano su una stessa barca che affonda.

A CHI CONVIENE QUESTA GUERRA?

Immaginate John, allevatore dell’Iowa, che prima dei dazi esportava il 40% della sua soia in Cina. Oggi che la Cina si rivolge al Brasile e ad altri paesi, John è seduto su un silos pieno di legumi invenduti, mentre legge i tweet di Trump su “quanto l’America tornerà a essere grande umiliando Pechino”.

Dall’altra parte del mondo, Zhang, operaio di Shenzhen, ha visto il suo stipendio ridursi perché la fabbrica di componenti elettronici ha perso il 25% degli ordini.

Più che una guerra commerciale, sembra un reality show dove i concorrenti si puniscono da soli, mentre gli spettatori se la ridono. Solo che siamo nel mondo reale e non alla tv e qui gli spettatori sono l’economia globale che singhiozza.

DAZI = CARRELLI DELLA SPESA PIÙ LEGGERI E PORTAFOGLI PIÙ VUOTI

Tutto costa di più e molte cose continueranno a crescere di prezzo perché due governi litigano su chi ha il diritto di tassare più chip al silicio.

La matematica è spietata: +25% di dazi sui prodotti cinesi = +3,4% di inflazione annua per le famiglie USA (dati Federal Reserve di St. Louis).

Beh, questa non è una politica economica, ma uno scippo legalizzato le cui vittime siamo tutti noi. Ma si può vedere anche come un aumento delle tasse, in effetti.

1930 CHIAMA, 2025 RISPONDE: LA STORIA È UNA MAESTRA IGNORATA

Nel 1930, lo Smoot-Hawley Tariff Act dell’Amministrazione Hoover alzò i dazi su 20.000 prodotti, trasformando quella che era una recessione in una depressione mondiale.

Oggi, nonostante le lezioni del passato, c’è ancora qualcuno convinto che chiudere i mercati salverà l’economia, nonostante nel 1934, per risolvere il disastro economico, gli Stati Uniti dovettero approvare il Reciprocal Trade Agreements Act, sotto Roosevelt.

Ma Trump twitta “Tariffs are the greatest!” mentre le borse crollano.

Ironia della sorte, nel 2022, gli USA hanno importato più beni cinesi che nel 2018. (Census Bureau).

Ciò dimostra che i dazi non fermano il commercio, lo rendono solo più costoso, soprattutto per le fasce più deboli. È come difendersi dal freddo chiudendo la porta di casa, ma lasciando le finestre spalancate.

TRUMP, I DAZI E L’ARTE DI VENDERE BUGIE CON IL PATRIOTTISMO

“Riporteremo il lavoro in America!”, tuonava Trump già nel 2016 e continua a crederci oggi.

Nonostante poco tempo fa la U.S. Steel abbia chiuso due acciaierie in Pennsylvania perché i dazi sull’acciaio imposti dalla Cina, in risposta a quelli americani, hanno fatto lievitare i costi delle materie prime, rendendo l’auto made in USA un lusso per pochi.

Altro che salvare posti di lavoro grazie ai dazi!

Ne hanno persi circa migliaia, soprattutto in Michigan, mentre in TV cantavano vittoria.

Ma si tratta della geopolitica del XXI secolo: meno Machiavelli, più Truman Show.

QUANDO LA REALTA’ BATTE LA RETORICA 10 A 0

I distretti del bourbon nel Kentucky hanno perso 300 milioni di dollari nel 2020 (BBC), mentre la Cina compra soia brasiliana a prezzo doppio.

E l’Europa?

Ha tentato di fare il giudice di pace, finendo per subire dazi sull’acciaio e accuse di “collaborazionismo”.

A onor del vero, va ricordato che l’Europa è quella che cantava vittoria per le sanzioni dirompenti imposte a Mosca, salvo ritrovarsi con poco gas e bollette triplicate.

Alla fine, i numeri non mentono: dal 2018, il PIL globale ha perso 1.700 miliardi di dollari a causa della guerra commerciale (Bloomberg), cioè abbiamo bruciato l’equivalente del PIL australiano per far contenti due governi in cerca di applausi.

E a poco servono le scuse da circo di quelli che imputano le perdite all’emergenza Covid.

Sembra che Trump sia convinto che i dazi siano acqua santa con cui rendere persino fertili i deserti, ma la realtà non mente.

Infatti, la loro applicazione ha creato un oceano di inflazione e continuerà a generarne in tutto il mondo nei mesi a venire.

Quale libertà e quale vittoria possono derivare dall’aumentare le tasse ai propri cittadini, tanto da contrarre vendite e produzione, diminuire lavoro e salario e aumentare l’inflazione?

Perché, alla fine, come insegna la storia, dazi = tasse. Allora perché?

Un saggio saprebbe cosa rispondere senza nemmeno pensarci, ma sembra che saggezza e politica non s’incontrino più dallo scorso secolo, che si tratti di governo o di opposizione.

Tra lui e lei, scegliere non saprei.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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