La Casa Bianca non è più il palcoscenico del potere, ma si è trasformata in un reality show, con Trump e Vance nel ruolo dei cattivi che non ti aspetti -ma che, in fondo, ti aspetti eccome- e Zelensky nella parte del pagliaccio tragicomico, che urla al tradimento mentre il pubblico stanco della sua mimetica, indossata un secondo dopo il primo carro armato russo in Ucraina, sbadiglia.
E l’ultimo atto del reality show di Volodymyr Zelensky, l’attore diventato presidente per caso – o per disgrazia degli ucraini- è stato un diverbio da bar sport, con insulti a mezz’aria e accuse che puzzano di copione scritto da chi muove i fili del commediante di Kiev.
Una commedia che ha messo in imbarazzo persino l’ambasciatrice ucraina, che si è coperta il volto con le mani, disperata per come il suo presidente copriva di ridicolo se stesso e l’intera Ucraina.
Solo che qui non si ride. Si muore. Perché il commediante, con il suo reality, ha sulla coscienza centinaia di migliaia di giovani ucraini mandati al massacro o resi invalidi, nonché un’Ucraina che non esiste più.
QUANDO LA DIPLOMAZIA DIVENTA UNA PAROLACCIA
Kennedy e Chruščëv nel ’62 parlavano di missili, ma almeno lo facevano da statisti.
Certo, all’epoca c’era il telefono con il filo e non gli smartphone, mentre oggi, tra un tweet e una sceneggiata, abbiamo Zelensky che sbava sul tappeto ovale, Trump che lo fulmina con una battuta da comizio e Vance che sogghigna come il cattivo di un film di Hollywood, quel carrozzone propagandistico che ha fatto il lavaggio del cervello a intere generazioni.
La geopolitica? Ridotta a un meme.
D’altronde, non poteva certo capitare di meglio all’Ucraina, spinta a combattere una guerra per procura tra USA e Russia e ridotta a un banco di prova per egomaniaci con l’arsenale in tasca che risiedono nelle capitali occidentali.
Zelensky, l’ex attore che recita la parte del leader in guerra, ha trasformato la diplomazia in uno sketch da cabaret fin dal primo attimo di guerra, quando abbandonò la cravatta per le polo verde o nera.
Probabilmente, davanti alle telecamere, si è sentito a casa, come un bambino colto a rubare le caramelle.
“Non sono sicuro di aver fatto qualcosa di male”, balbetta a un intervistatore, dopo essere stato cacciato dalla casa Bianca per il suo atteggiamento da cafone.
Eppure, la lista dei suoi “peccati” è più lunga del bilancio dell’Ucraina: ha affossato i colloqui di pace, messo al bando la Chiesa ortodossa, trasformato Kiev in un bancomat per le élite occidentali, annullato le elezioni, dismesso partiti politici all’opposizione.
E ora fa la vittima, mentre spinge i suoi uomini a morire nelle trincee.
Mette in scena uno show di basso livello, quando fino al giorno prima si lamentava per non essere stato invitato alle trattative di pace con Mosca.
Zelensky ha commesso due errori da mediocre: per prima cosa, ha iniziato una discussione – con approccio sbagliato – che andava gestita in un confronto a porte chiuse.
In secondo luogo, nella sua posizione da nano politico, cercare di dare addosso al presidente degli USA a casa sua, non soltanto è un’evidente dimostrazione di mancanza di educazione e di rispetto, ma è una comunicazione da ultimo della classe.
Zelensky ha perso la testa. E, probabilmente, l’ultima occasione che aveva di uscirne vivo a guerra conclusa.
IL MORALISMO DA SUPERMERCATO E L’IPOCRISIA DELL’OCCIDENTE
Ah, certo, a questo punto, ci sarà il solito idiota a ricordare la favoletta dell’aggredito e dell’aggressore, quello informato con i plastici di Vespa e che, al più, legge la spazzatura della propaganda occidentale.
Quella pletora di pennivendoli che gli hanno raccontato che la Russia è al tappeto per le sanzioni devastanti dell’Occidente e che il suo esercito è composto di soldati senza munizioni, che combattono solo con delle pale e smontano microchip dai frigoriferi ucraini.
A questo punto ci sarà il tizio che crede alle favole, di quelle che raccontano ai bambini prima di mandarli a dormire, che solleverà la mano per dire che a sbagliare è stato Trump.
Beh, che Trump abbia lo stesso stile di un elefante in una cristalleria, non ci piove. Ma, in questo caso, credo che nessun leader sano di mente avrebbe mai accettato lo show di Zelensky in casa propria.
Ma lo so. Chi crede nelle favole, talvolta è convinto che il lupo sia sempre il cattivo e cappuccetto rosso non abbia alcuna colpa, come nell’etereo mondo dell’asilo.
Peccato che il mondo non sia una fiaba e che i buoni, cioè noi, ce ne siamo fottuti ampiamente – e ce ne fottiamo ancora beatamente – almeno di una dozzina di popolazioni aggredite da lupi aggressori, contro cui non applichiamo sanzioni e non inviamo fucili a cappuccetto rosso.
Dal Ruanda allo Yemen, dal Tibet fino alla strage compiuta da Israele a Gaza, l’Occidente ha guardato altrove mentre si massacravano – e si massacrano tuttora – civili. Nella più completa ignoranza di tanti di quei moralisti che ripetono come un disco rotto, “ma ci sono un aggredito e un aggressore.”
Tuttavia, quando si tratta di litigare con la Russia, ecco che spuntano i principi umanitari come funghi dopo la pioggia.
Perché per l’Occidente, la protezione dei civili è un optional, come l’aria condizionata in macchina. Serve quando ospiti gli amici che contano.
E mentre Zelensky fa il giullare, gli emissari di Putin e Trump si scambiano occhiali da sole e strette di mano in Turchia.
Sei ore di colloqui per ripristinare i rapporti tra le due ambasciate e per spartisti ciò che resta dell’Ucraina.
Intanto, l’Europa trema, Kiev urla al tradimento, ma la verità è che la guerra fa comodo a tutti. Tranne a chi muore e chi perde, soprattutto quando chi perde era convinto di poter vincere.
Perché a perdere sono quei leader che ancora sono rimasti incastrati nel mondo messo in piedi dal “Progetto per un Nuovo Secolo Americano”, dall’idea di circondare la Russia, fino a spingerla alla guerra, per distruggerla.
Un piano che non è riuscito, perché Mosca ha dimostrato una grande abilità diplomatica, grazie alla quale ha attivato nuove reti commerciali che hanno finito per trasformare in armi proprie contro di noi le sanzioni occidentali e hanno permesso all’economia russa di crescere.
A perdere sono i leader europei, incollati come mosche al copione dei pennivendoli della propaganda, in cui Mosca sta per cedere per colpa delle sanzioni dirompenti, con un esercito che può contare solo su pale e microchip smontati dagli elettrodomestici ucraini.
Quella stessa propaganda per cui l’esercito russo, quello senza soldi e senza munizioni, sarebbe un problema per l’Europa, che rischierebbe l’invasione russa. Perché quando uno scrive puttanate, lo fa fino in fondo, potendo contare su lettori i cui cervelli producono eco quando i pochi neuroni si agitano.
ZELENSKY, IL BURATTINO CHE CREDEVA DI ESSERE UN RE
C’è chi dice che sia drogato – e certi atteggiamenti sembrerebbero confermarlo.
Chi sussurra che sia solo un burattino con i fili ormai tagliati.
Ma la realtà è più cinica: Zelensky è il prodotto perfetto di un’epoca che confonde l’eroismo con l’isteria.
Ha insultato Trump per mesi; ha fatto campagna elettorale in Pennsylvania a favore di Kamala Harris, mentre l’Ucraina bruciava.
Ora, con il suo comportamento, ha sputato in faccia ai milioni di americani che hanno votato Trump, stabilendo in maniera chiara e incontrovertibile che non vogliono la guerra in Ucraina e che hanno rispedito al mittente la politica guerrafondaia dell’Amministrazione Biden/Harris.
E ora, come un ubriaco che sfida persino il barista, si ritrova senza alleati e senza via d’uscita.
Perché l’America dismetterà le armi, l’intelligence sul suolo ucraino, l’accesso ai satelliti americani per indirizzare droni e missili e chiuderà il rubinetto dei soldi.
Gli USA hanno immediatamente interrotto gli aiuti per il mantenimento delle linee elettriche in Ucraina, velocizzando il proprio ritiro dal territorio.
Trump e Vance, dal canto loro, hanno strappato la maschera. Sotto, non ci sono leader, ma gli USA non ne producono uno da decenni.
Probabilmente, l’ultimo che ha provato a esserlo è quello finito ucciso a Dallas.
Ora, Zelensky è un fattorino impaurito, con le magliette verde o nera, secondo il copione scritto da chi lo ha convinto di poter vincere contro una superpotenza atomica, con gli occhi che implorano pietà, smarrito, per non aver trovato gli ex inquilini alla Casa Bianca.
Un uomo che ha trasformato il suo Paese in un campo di battaglia per procura, mentre i burattinai di Bruxelles e di Washington contano i profitti.
Con il suo comportamento al limite dell’idiozia, si è giocato ogni possibilità di avere il popolo americano dalla sua parte.
Persino il senatore Lindsey Graham, noto per il suo fermo appoggio all’Ucraina, ne ha chiesto le dimissioni immediate, certificando l’assoluta incapacità politica del comico di Kiev.
LA PACE? UNA COMMEDIA DEGLI EQUIVOCI
Putin dichiara “speranza” nei colloqui con Trump. Gli alleati europei fremono e si augurano che la guerra continui, per non dover ammettere di aver fallito. I pennivendoli italiani stanno con i leader europei, in trepidante attesa di veder continuare la guerra, per poter avere ancora un mestiere.
Zelensky e i suoi pochi alleati rimasti agitano il fucile morale, ma ormai sono sempre più soli.
Perché la pace non è un hashtag. Non è una bandierina su una mappa. È una scelta sporca, fatta di compromessi e silenzi, di soldi e di materie prime, di accordi e contratti.
Quelli che Kennedy e Chruščëv seppero fare. Quella che Zelensky ha sabotato, cercando l’applauso facile dei talk show e degli ebeti alla guida dei paesi europei. I soli capaci di ridere di fronte alla tragedia.
Ma il vero problema non è lui.
Siamo noi. Noi che abbiamo osannato un clown, inondandolo di armi e soldi. Noi che abbiamo creduto alla favola del “male assoluto”, mentre finanziavamo dittatori dall’altra parte del mondo e mostri come Netanyahu.
Siamo noi, che abbiamo permesso a degli scappati di casa, animati da gloria e voglia di giocare alla guerra, di governare l’Europa.
Omuncoli e donnette che hanno scelto lo stile imbarazzante di Zelensky, rivelando le loro carte e dimostrando di opporsi apertamente a Trump.
Da Bruxelles alla Polonia, i leader europei si stringono intorno al comico, come ultras con la bava alla nocca, contrari a ogni tentativo di concludere la guerra.
L’Unione Europea è arrivata persino a proclamare che “il mondo libero ha bisogno di un nuovo leader”, quando sono tre anni che commettono disastri per cui gli europei pagheranno un conto salatissimo.
Tra Trump e Zelensky, i pazzi alla guida dell’Europa sembrano scegliere il comico e Washington ne trarrà senza dubbio le dovute conclusioni.
Ma quanto durerà l’Europa in una guerra contro Russia e USA, anche solo commerciale?
I nostri figli ci chiederanno “perché?”
Forse la risposta è semplice: perché l’uomo comune studia poco, legge pochissimo e si informa alla tv, perciò, non avendo cultura e conoscenze degli argomenti trattati, sceglie i testi facili dettati dalla propaganda e dalle pubblicità.
E un popolo così commette due grandi sbagli: propone politici della sua stessa pasta e fagocita ogni sciocchezza acriticamente, preferendo i reality ai programmi di cultura.
Anche quando sono in ballo vite umane e il futuro del pianeta.
Infine, c’è un’ultima ipotesi: se facesse parte di una grande commedia?
Se Trump non volesse affatto la pace?
Gli Stati Uniti potrebbero defilarsi dalla guerra, lasciando tutto in mano all’Europa, a cui venderebbe armi e tecnologia, nonché il gas a prezzo d’oro.
Un vero affare, per l’America. L’ennesima “geniale” disgrazia per noi.
Solo fantascienza?