La Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha deciso che è tempo di trasformare l’Europa da club di perdenti in una caserma di psicopatici.
Con il piano “Rearm Europe” da 800 miliardi, annunciato a Bruxelles, suscitando sospiri dei ministeri delle Finanze e brividi di terrore dei primi ministri, la presidente dello scandalo per gli acquisti di vaccini prova a riscrivere le fondamenta etiche dell’Europa.
Parole d’ordine? Armi, guerra, debito comune, clausole di fuga e una certa nonchalance nel seppellire i dogmi dell’austerità, quelli per cui non si poteva sforare di un euro e per cui la Grecia è stata trattata come sappiamo.
Debito purché, ovviamente, si tratti di comprare missili e prepararsi alla guerra, non di salvare ospedali. Perché non sia mai che si faccia qualcosa di davvero utile per gli europei al club dei perdenti.
LA MAGIA DEI CONTI CREATIVI: QUANDO IL DEBITO DIVENTA “INVESTIMENTO”
Il cuore del piano è un gioco di prestigio degno di Houdini: 150 miliardi di prestiti garantiti da eurobond, soldi freschi per armamenti, e la sospensione delle regole di bilancio per le spese militari.
Una mossa che, se proposta da un governo del Sud Europa durante la crisi del debito, avrebbe scatenato l’ira dei falchi di Berlino, ma ora che la chiede la super presidente più oscura della storia, diventa “realismo strategico”.
La clausola di fuga del Patto di Stabilità, quella che per anni è stata un tabù, viene evocata come un jolly per cui gli Stati potranno sforare i parametri, purché lo facciano comprando droni invece che assumendo insegnanti, infermieri e medici.
IL PARADOSSO DELLA “SICUREZZA”: SENZA WELFARE, MA CON I MISSILI
L’economista Wolfgang Munchau, sul sito UnHerd, ricorda un dettaglio importante: l’Europa spende in media l’1,6% del PIL in Difesa, contro il 3,5% degli USA e ciò dimostra che preferiamo spendere nel sociale piuttosto che per gli F-35.
Questa cosa è dovuta anche all’ombrello americano che ha sempre protetto l’Europa e che, ora che Washington spenderà meno per la Difesa, costringe il Vecchio Continente ad assumersi maggiori oneri per la propria difesa militare.
Tuttavia, come ha dimostrato l’economista Carlo Cottarelli, l’Europa spende il 58% più della Russia per la difesa. Cottarelli è andato oltre, sostenendo che non esiste alcuna ragione per spendere di più, ma basterebbe utilizzare meglio i soldi che si sprecano.
FONTE (QUI)
Ma von der Leyen, che nutre una profonda idiosincrasia verso chi è competente, non si perde d’animo.
Con un tratto di penna, trasforma il NextGenerationEU – la ricordate? La transizione verde – in un bancomat per l’industria bellica. E quei 93 miliardi di prestiti non reclamati, destinati a digitalizzazione e clima? Saranno utili per finanziare fabbriche di proiettili.
Perché la guerra è il nuovo business, bellezza. Più redditizio dei vaccini e senza necessità di nascondere messaggini.
IL SUMMIT DELLE IPOCRISIE: CHI HA PAURA DELLA GUERRA FREDDA 2.0?
Giovedì i leader europei si riuniranno per discutere il piano. Ma già volano i coltelli. Polonia e Finlandia sono guerrafondai, ma temono la centralizzazione della Difesa a Berlino e Parigi.
Italia e Spagna, con le loro spese militari sotto la media, fremono all’idea di regole punitive.
E la Germania? Sorride, mentre rilegge Clausewitz: “La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi”.
Peccato che oggi i mezzi siano i fondi di coesione, quei soldi che dovevano ridurre il divario tra Est e Ovest, non riempire gli arsenali per arretrare l’Occidente di due secoli.
L’ELEFANTE NELLA STANZA: SENZA GLI USA, L’EUROPA È UN GIGANTE DI ARGILLA
The National Interest lo scrive senza giri di parole: “L’Ue non fa i conti con la realtà”.
Il 66% della spesa NATO è made in USA e, senza i satelliti e l’intelligence yankee, Kiev durerebbe sei mesi.
Lo sa Macron, che corre a Washington a mendicare garanzie. Lo sa Starmer, che non brinda più da quando alla Casa Bianca c’è Trump.
Lo sa Zelensky, che da mesi ripete: “Senza gli Stati Uniti, siamo perduti”. Eppure, von der Leyen sogna un’Europa guerriera, mentre Trump chiude il portafoglio. Come dire: costruiamo un castello di sabbia mentre arriva l’alta marea?
AUSTERITÀ PER THEE, MA NON PER ME: LA LEZIONE DI IPOCRISIA
Il vero capolavoro è la riscrittura in diretta delle regole europee.
Per decenni, Bruxelles ha imposto tagli al welfare, riforme lacrime e sangue, pareggi di bilancio ossessivi, al limite della follia.
Ora, improvvisamente, scopre che i parametri sono elastici.
Basta usare la parola magica: emergenza, chiamando “emergenza” un carro armato.
E così, mentre la Grecia piangeva sui conti in rosso, oggi la Germania ride: i suoi 93 miliardi di fondi Covid non spesi diventeranno missili. Morale: l’austerità è solo per i poveri.
IL FUTURO È SCRITTO: ELMETTO E MIMETICA PER I GIOVANI EUROPEI
E mentre i leader discutono, il premier Meloni annuncia: “Non manderemo soldati italiani in Ucraina”.
Ma si tratta della stessa Meloni che in campagna elettorale urlava “Prima gli italiani”, “Cambieremo l’Europa”, perciò meglio che i nostri figli si preparino alla trincea e non prendano troppi appuntamenti per il futuro.
Tanto, con questa gente, non l’avranno un futuro.
Ironia della sorte: chi ha svenduto l’Europa al nazionalismo, ora chiede di morire per una bandiera comune.
L’EUROPA CHE VORREMMO, CONTRO QUELLA CHE ABBIAMO
C’è un’amara poesia in tutto questo.
L’Europa nata dalle ceneri della guerra, che prometteva pace e prosperità, oggi si arma fino ai denti.
E non perché ci sia un nemico all’orizzonte. Perché solo un idiota può credere che la Russia voglia invadere altri paesi europei, soprattutto perché, come ci raccontano da tre anni, l’economia russa è in ginocchio, il rublo è carta straccia e i soldati russi combattono solo armati di pale.
Eppure l’Europa manda al macero il futuro dei giovani, dell’istruzione, della Sanità e del sistema pensionistico, per armarsi. Insomma, un’abile mossa per lanciare quelle privatizzazioni vietate da tante costituzioni degli stati europei, a cominciare dalla nostra.
E lo fa mentre il welfare affonda, la povertà avanza e il clima… non impazzisce più?.
Ma von der Leyen non ha dubbi: “È il momento dell’Europa”.
Peccato che quell’Europa assomigli sempre più a una dittatura di mezzi matti e sempre meno a una casa comune.
POST-SCRIPTUM: QUANDO LA STORIA SI RIPETE, MA NON IMPARIAMO MAI
Nel 1914, l’Europa si lanciò in guerra cantando. E non andò affatto bene.
Nel 2025, lo fa stampando moneta e debiti.
Il risultato? Resta da vedere.
Ma una cosa è certa: quando i missili voleranno, sorriderà solo chi avrà quelli più rapidi e potenti.
E, a oggi, stando a cosa dice il Pentagono – che di guerre se ne intende – la Nato non ha difese contro i missili ipersonici russi.
Ma voi preparate i vostri figli. Tra i diciotto e i quarant’anni avranno un impiego certo. Con la scarsissima speranza di vedere una pensione.
Come sempre per digerire le parole del dottor Di Matteo ci vuole molto di più di un alka-seltzer. Perché non c’è altra interpretazione bonaria, a mio giudizio, rispetto al vibrante invito di rileggere attentamente ogni frase e ogni appunto scritto dall’estensore. Se ci fermiamo alla superficie non digeriremmo per una settimana, ma se scaviamo in profondità impossibile non lanciare un grido di stupore che comprende l’incomprensibile comportamento dell’Unione Europea, delle sue decisioni non prese, delle fantasticherie guerrafondaie, dei debiti che forse dovremmo nascondere al resto del mondo a meno di una perdita di valore della moneta che si chiama Euro. Ma la guerra è guerra. E non solo quella lanciata a mo’ di slogan dagli eletti al Parlamento Europeo e dai loro capi, ma quella vera con i morti, i feriti, le devastazioni, i pianti dei sopravvissuti. Io non conosco nessuna guerra che non abbia fatto morti, feriti, devastazioni e che non abbia fatto piangere disperatamente molte generazioni a venire. Quello che risulta ancora più strano è non sapere quando ci alziamo la mattina quale panzana ci aspetterà e che ci farà sobbalzare come scolaretti della prima elementare. Perché al peggio non c’è mai fine. Nemmeno per le nostre orecchie. Ma veramente non esiste un’altra o esistono altre opportunità che non siano gli armamenti e i caschetti da militare proposti come gadget? Non è essere disfattisti e non voler vedere i problemi ma affrontarli: così sembra proprio un suicidio collettivo. Da qualunque parte si guardi.
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