(Mio articolo per Linkedin)
LA FERITA MAI GUARITA – L’INIZIO DEL LUNGO INVERNO
Tutto cominciò nel 1992. Mentre il mondo occidentale celebrava la fine della Guerra Fredda, il Giappone sprofondava in un abisso, una colossale bolla immobiliare, nutrita da un’euforia collettiva, quasi irrazionale, che esplose con violenza inaudita.
E non fu solo un crollo di mercato, ma un vero e proprio trauma sociale, una ferita profonda nella psiche di una nazione che si credeva invincibile.
Iniziò così quello che qualcuno avrebbe poi definito “decennio perduto”.
Per sopravvivere, per non cedere alla disperazione, la società giapponese scelse di curare la stagnazione con dosi massicce di debito pubblico, un farmaco potentissimo, ma con effetti collaterali terrificanti a lungo termine.
Il rapporto tra debito e ricchezza prodotta (PIL) esplose, passando da un sostenibile 67% a cifre che oggi sfiorano il 260%.
Una nazione intera che vive a credito, dunque. Ma come ha fatto a non crollare?
IL SEGRETO E LA TRAPPOLA – ABENOMICS E IL SISTEMA
A differenza di altri Paesi, il Giappone ha un segreto: il 90% del suo debito è nelle mani degli stessi giapponesi. Banche, fondi, persino la Banca Centrale. Si tratta di un sistema chiuso, un patto sociale non scritto che ha permesso allo Stato di controllare il proprio destino finanziario.
Su questa anomalia, nel 2012, il Primo Ministro Shinzo Abe ha costruito l’intera narrazione della sua politica economica: Abenomics.
Una strategia brillante, perfino audace, basata su tre scommesse:
- Politica monetaria iper-espansiva: tassi di interesse a zero. Denaro facile per tutti.
- Politica fiscale espansiva: investimenti pubblici per stimolare la crescita.
- Riforme strutturali: modernizzare il sistema.
Delle tre, è la prima scommessa a cambiare il mondo.
Con i tassi a zero, è nato il Carry Trade.
Che cos’è il Carry Trade? Una sorta di mutuo a interessi zero.
In pratica, grandi investitori, fondi speculativi, banche da ogni angolo del pianeta sono corse in Giappone a prendere in prestito miliardi di Yen a costo quasi nullo, poi li hanno cambiati in Dollari o in Euro e li hanno investiti dove i rendimenti erano più alti, come in titoli di stato americani, azioni europee e nei mercati emergenti.
Per un decennio, il Giappone è diventato, senza volerlo, la banca del mondo e ha elargito prestiti a buon mercato alla finanza mondiale, inondando il pianeta di denaro a basso costo.
In buona sostanza, il Giappone ha finanziato, suo malgrado, la crescita globale, le imprese e persino il debito pubblico di altre nazioni.
Un meccanismo apparentemente perfetto. Se non ci fossero stati intoppi.
I PROBLEMI STRUTTURALI DEL GIAPPONE
Mentre il Giappone finanziava il mondo, i suoi problemi interni non svanivano. Anzi, si aggravavano.
- Invecchiamento della popolazione: la forza lavoro diminuisce sempre più. Meno giovani producono, più anziani necessitano di pensioni e assistenza sanitaria. Un peso insostenibile a lungo termine.
- Mercato interno debole: i cittadini, incerti sul futuro, risparmiano ossessivamente. I consumi non decollano. Nella peggiore delle ipotesi, crollano.
- Concorrenza spietata: Cina e altre potenze asiatiche soffiano quote di mercato all’export giapponese.
L’economia giapponese è come un’auto dal motore potentissimo e con l’acceleratore premuto al massimo, ma costretta a trasportare un peso eccessivo rispetto alla sua cilindrata, motivo per cui si muove lentamente. Troppo lentamente.
Come non bastasse, sono arrivati gli imprevisti: la pandemia, le guerre, l’inflazione.
PERCHÉ IL GIAPPONE È UNA BOMBA A OROLOGERIA
L’inflazione è tornata e, per la prima volta dopo decenni, la Banca del Giappone è stata costretta a fare l’impensabile: alzare i tassi di interesse.
Una decisione tecnica che può generare una scintilla capace di far saltare tutto.
- Fine del Carry Trade: se i prestiti in Yen non sono più a costo zero, l’intera strategia crolla. Gli investitori devono restituire il denaro e la crescita mondiale non ha più il famoso prestito a costo zero su cui contare.
- La grande vendita: per farlo, chi deve restituire i prestiti sarà costretto a vendere massicciamente gli asset che avevano comprato in giro per il mondo. Azioni, obbligazioni, titoli di stato. Di tutti. Anche quelli italiani.
- Il crollo mondiale: una vendita così massiccia e improvvisa farebbe crollare il valore di questi asset, innescando panico e una reazione a catena sui mercati di New York, Londra, Francoforte. Figuriamoci Milano.
Il fiume di denaro a basso costo che ha tenuto a galla l’economia del mondo occidentale – e non solo – per un decennio si prosciugherebbe di colpo, lasciando un buco enorme nei bilanci di banche e Stati di tutto il mondo.
La crisi del Giappone, quindi, non sarebbe più solo del Giappone, ma diventerebbe la nostra crisi.
“Cosa c’entra un pensionato di Kyoto con il nostro mutuo a Milano o il posto di lavoro a Berlino?” si domanderà qualcuno. Beh, la risposta è “tutto”.
Siamo di fronte alla dimostrazione più potente e spaventosa di cosa sia la globalizzazione finanziaria, una vera e propria lezione di sociologia economica che si sta scrivendo in tempo reale.
Il problema è che non dobbiamo domandarci se questo accadrà, ma come ci faremo trovare.
Siamo preparati, come individui e come società, a questa bomba o vogliamo continuare a pensare che “lontano” significhi ancora “non è un nostro problema”?
Lascio a voi la riflessione.
E tu, come stai preparando la tua azienda?
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Dott. Pasquale Di Matteo
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