LA SOCIETÀ DELL’ETICHETTA. COME STANNO UCCIDENDO IL DUBBIO PER VENDERTI L’OBBEDIENZA

Ha fatto scalpore la notizia di quell’albergatore siciliano escluso dal circuito di Booking perché ha chiesto a una cliente israeliana, che aveva prenotato le vacanze nella sua struttura, di cancellare la prenotazione qualora fosse stata a favore del genocidio di Gaza.

Ma gli stessi che hanno gioito alla notizia sono quelli che pretendono di cancellare concerti ad artisti russi che non prendano le distanze da Putin.

Il cortocircuito della ragione è evidente e si porta avanti con i fenomeni delle etichette, distribuiti da quegli eroi pronti a zittire chiunque non si conformi ai pensieri unici.

Io li chiamo i “Guardiani della Narrazione”.

Sono ovunque. Li trovi a zonzo per i social network, nelle redazioni dei giornali mainstream, nei salotti televisivi e nei bar… beh, lì abbondano.

Il loro compito non è dibattere, non è approfondire, non è cercare la verità, no.

Il loro unico, grigio, miserabile compito è applicare etichette a chiunque non si conformi ai pensieri unici.

Hai un dubbio? Un pensiero divergente? Una domanda scomoda che richiederebbe una risposta complessa? Loro hanno la soluzione: semplice, immediata, definitiva.

Un’etichetta.

Una parola magica che ti squalifica dalla discussione, ti mette al bando, ti delegittima come interlocutore. Così sei punito e fuori dal gruppo.

Se osi mettere in discussione un vaccino, sei novax chiunque tu sia: un cittadino comune che si pone dubbi, uno scienziato scettico, un paziente preoccupato o un Premio Nobel per la medicina. Non cambia nulla.

«Novax!» e la discussione finisce lì. Semplice e indolore, perché argomentare costa fatica: bisogna conoscere più cose dell’interlocutore, perciò meglio un’etichetta che chiuda ogni discussione, no?

Se non ti allinei ai dogmi della teoria Gender, sei omofobo. Non una persona con un’opinione diversa sulla natura umana, ma omofobo.

Se dubiti del catastrofismo climatico più apocalittico, sei negazionista, anche se, magari, sei soltanto un ambientalista razionale. Negazionista, così non bisogna ribattere.

Se critichi le derive del femminismo ideologico, sei misogino, non un difensore dell’equità vera.

Se critichi l’Unione Europea nella sua forma tecnocratica e anti-democratica, sei sovranista. Non un europeista deluso, che vorrebbe un’Europa dei popoli anziché quella della tecnocrazia che abbiamo oggi, ma un sovranista.

Se chiedi trasparenza dai media, sei complottista. Non un cittadino che reclama un’informazione libera e plurale. Complottista.

Anche quando fai notare le tante fake news raccontate in questi anni: chi non si vaccinava moriva, i green pass servivano a creare luoghi sicuri, i soldati russi non avevano nemmeno le armi e combattevano armati solo di pale rudimentali, mentre le sanzioni dirompenti dell’Europa avevano piegato l’economia di Mosca, prossima alla sconfitta nel 2022...

In questo caso, diventi putiniano. E non importa se, come il sottoscritto, scrivevi che Putin fosse mandante dell’omicidio di giornaliste russe dissidenti più di dieci anni fa, quando i giornalisti noti ti rispondevano che Putin era una panacea per l’Europa, mentre immortalavano politici di ogni estrazione in fila per una foto con il dittatore russo.

Affibbiare etichette è un meccanismo perfetto di una malizia spaventosa che sostituisce l’argomentazione con l’insulto, il dialogo con la scomunica, il dubbio con l’atto di fede.

Ma senza il dubbio, resta solo l’obbedienza.

LA FINESTRA DI OVERTON: COME HANNO RESO “NORMALE” IL BUIO MENTALE

Questo fenomeno non è casuale e ricorda la Teoria della Finestra di Overton, per cui tutto ciò che è fuori dalla finestra della narrazione ritenuta vera è considerato folle, radicale, inaccettabile.

Una sorta di 1984 di Orwell applicato alla realtà, in cui ogni aspetto della Comunicazione, compresa la prossemica, veniva controllata.

È esattamente ciò che stanno facendo, un passo alla volta.

Stanno spostando la finestra di Overton per farti credere che sia normale non dubitare, che sia giusto obbedire al pensiero unico e che sia folle, immorale, addirittura pericoloso, anche solo porre delle domande.

Quindi, chi mette in dubbio la narrazione dominante non è uno che dubita, ma un nemico da estromettere, da alienare, perciò tale strategia è da brividi.

Hanno preso il dubbio, il motore di ogni progresso scientifico e filosofico da che è stata inventata la scrittura, e l’hanno trasformato in un reato. Il reato di pensiero. Per adesso, soltanto ideologico, ma non mancano quelli che chiedono più repressione e controllo sui social.

L’APOTEOSI DELL’IGNORANZA E L’EFFETTO DUNNING-KRUGER DIVENTATO PANDEMICO

E il paradosso più grottesco è che i sommi sacerdoti di questo nuovo culto dell’obbedienza sono spesso quelli che meno dovrebbero parlare.

Assistiamo all’apoteosi dell’effetto Dunning-Kruger.

Quello per cui l’incompetente tende a sopravvalutare le proprie capacità, rimanendo troppo ignorante per rendersi conto della propria ignoranza.

È quel fenomeno per cui il cretino è sempre estremamente sicuro di sé, mentre l’intelligente è pieno di dubbi. Ebbene, oggi quell’incompetente iper-sicuro ha un megafono e un account sui social, oltre al bar, e può contare sui tecnici e sulla tecnocrazia che cavalca pensieri unici.

E si permette di sbeffeggiare premi Nobel, docenti universitari, scienziati con 50 anni di esperienza. Scienziati, medici, docenti di geopolitica, storici, giornalisti… chiunque metta in discussione la narrazione del pensiero unico.

Il professore con pubblicazioni internazionali diventa un “vecchio rimbambito” se critica la gestione pandemica; il biologo che studia la sessualità umana da una vita è un “bigotto” se esprime perplessità su certe teorie. Il climatologo è un “ignorante” se non si allinea al messaggio più catastrofista.

Come accade sempre durante i regimi, dove si impongono ideologie e chi non si adegua va educato o emarginato.

È il trionfo dell’ignoranza armata di slogan, nel mondo alla rovescia che trasforma la normalità in blasfemia e la follia in normalità.

LA RIVOLTA DEL PENSIERO CRITICO

Allora, arrendersi? Adagiarsi in questo sonno della ragione che genera mostri conformisti e obbedienti?

No. La resa non è un’opzione.

La risposta è una sola: continuare a dubitare.

Continuare a fare domande scomode e rispondere alle etichette con un sorriso di sufficienza.

Studiare, leggere, approfondire e ridere in faccia a chi ti chiama “complottista” perché chiedi prove, o “fascista” perché difendi l’ordine. Il dubbio non è un’arma di distrazione, ma uno strumento di libertà.

È l’unico modo per non diventare ingranaggi obbedienti in una macchina che vuole pensare per te.

Loro vogliono etichettarti perché hanno paura di te. Hanno paura del tuo cervello, della tua capacità di ragionare al di fuori dei loro schemi. E, più di ogni altra cosa, hanno paura della tua cultura.

Non dargliela questa soddisfazione.

Dubita sempre e metti in discussione ogni cosa.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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