Una figuraccia internazionale.
Questo è quello che la liberazione di Cecilia Sala rappresenta per chi analizza i fatti con lucidità, senza lasciarsi ubriacare dal trionfalismo strumentale che imperversa sui media. Ma lo so: dalla pandemia in avanti, l’informazione italiana si è trasformata in propaganda pro potere senza critica né analisi lucide, fatte salve le solite, e purtroppo rare, eccezioni.
Bandierine alla mano, Giorgia Meloni e compagni hanno festeggiato come il Primo dell’anno la vicenda legata a Cecilia Sala come un successo senza precedenti.
D’altronde, è così che funziona la comunicazione politica in Italia: trasformare il fango in oro, anche a costo di negare la realtà. Ma proviamo a osservare i fatti senza i fasti dei festeggiamenti.
UN PAESE INEBRIATO DAL TRIONFALISMO
Cecilia Sala è tornata a casa. E, sia chiaro, questo è un bene. Sono il primo a esserne felice, così come sono stato tra i primi a inveire contro chi sosteneva che dovesse essere lasciata a sé stessa perché scriveva panzane sulla guerra in Ucraina, di soldati russi senza indumenti e strumenti idonei ad affrontare il freddo e altre sciocchezze smentite dal tempo e dai fatti.
Un italiano va difeso all’estero al di là delle proprie idee e ideologie.
Così come non ho nemmeno preso in considerazione i cretini che si domandavano cosa ci facesse in Iran, perché avrei perso tempo a spiegare che un giornalista fa anche quello di mestiere.
Tuttavia, tornando al tema dell’articolo, l’analisi critica della vicenda è stata completamente affogata in un mare di commenti enfatici e di celebrazioni ingiustificate.
La narrativa ufficiale? Un trionfo della diplomazia italiana. La realtà? Una vicenda che ha messo a nudo le fragilità della nostra politica estera.
Le opposizioni, in un coro surreale, si accodano ai festeggiamenti. D’altronde l’impianto dei servizi segreti deriva dai precedenti governi gestiti da loro.
Ma fa specie che persino chi, sulla carta, dovrebbe criticare il governo, applauda. Si parla di maturità politica, ma ha più il sapore di una cronica sudditanza alle linee imposte dall’esecutivo. Quando si tratta di politica estera, in Italia, l’opposizione è inesistente da anni.
D’altronde, vuoi mai mettere in discussione i capricci dello zio Sam?
E qui direte: che c’entra l’America adesso?
C’entra, c’entra. Un attimo di pazienza e ci arrivo.
LE RESPONSABILITÀ SU CECILIA SALA
È fondamentale chiarire un punto: Cecilia Sala ha fatto il suo lavoro di giornalista e questo nessuno lo mette in discussione. Ma è altrettanto innegabile che la delicatezza della sua professione sia stata un’azione che ha provocato una crisi nelle relazioni internazionali italiane.
La sua presenza in un territorio sensibile come l’Iran ha richiesto un intervento di intelligence per salvare la situazione, mettendo a rischio gli interessi nazionali.
Un intervento che, probabilmente, non è stato tempestivo all’indomani dell’arresto in Italia dell’ingegnere iraniano Mohammed Abedini Najafabadi.
Perché delle due una: o le forze dell’ordine non sono state tempestive nell’informare i servizi dell’arresto di un ricercato negli Stati Uniti, oppure i servizi sono stati lenti nell’azione di protezione degli italiani in Iran.
O, forse, entrambe le cose.
A peggiorare il quadro, l’arresto della Sala ha reso l’Italia vulnerabile sul piano diplomatico, costringendo il governo a una serie di mosse imbarazzanti per ottenere la sua liberazione, prima fra tutte il volo rocambolesco di Giorgia Meloni con cui si è dimostrata la sudditanza agli Stati Uniti, senza se e senza ma.
Non si è trattato di una vittoria diplomatica, quindi, ma di un’operazione dettata dalla necessità di limitare i danni.
L’OMBRA DELLA CONCOMITANZA SOTTO I RIFLETTORI
E qui entra in scena la concomitanza. E anche l’America.
L’Italia ha giocato una carta delicata: il ritorno in Iran di Mohammad Abedini, come contropartita per la liberazione della Sala. Non è avvenuta immediatamente, ma a distanza di pochi giorni, come a voler salvare le apparenze.
E no. Non si parla di un gesto umanitario, ma di uno scambio che, nei fatti, ha sancito la nostra dipendenza da potenze straniere. Non c’è alcuna vittoria qui, solo un compromesso imposto da chi, dietro le quinte, muove i fili della geopolitica mondiale.
Non a caso, la liberazione di Cecilia Sala è arrivata pochissimi giorni dopo il volo in fretta e furia di Giorgia Meloni da Trump.
Risulta evidente come il primo ministro italiano sia andato a chiedere il permesso al proprio capo – che non è il popolo italiano e nemmeno il parlamento – di promettere la liberazione dell’ingegnere iraniano in cambio del ritorno in patria di Cecilia Sala.
LE DIMISSIONI CHE FANNO RIFLETTERE
C’è un dettaglio inosservato dai più, ma che dovrebbe far riflettere poiché conferma le tesi di questo mio articolo: le dimissioni della responsabile dei servizi segreti italiani, Elisabetta Belloni, avvenute pochi giorni prima della liberazione di Cecilia Sala.
Certo, qualcuno ricorderà che all’indomani della liberazione di Cecilia Sala la Dott.ssa Belloni abbia dichiarato di aver meditato le dimissioni ben prima del caso Sala, ma… siete mai stati in un carcere? Vi stupireste del fatto che non esista un solo colpevole.
Tornando a noi, coincidenze?
Mah! È vero che la Belloni aveva già preso una decisione a metà 2024? Difficile crederlo, alla luce di quanto accaduto in queste due settimane.
Tuttavia, comunque la si pensi, questo evento è un ulteriore tassello di un puzzle che racconta una storia ben diversa da quella proposta dalla narrativa ufficiale.
Le dimissioni sembrano confermare quanto sia stata gestita male l’intera vicenda, una figuraccia che si è cercato di camuffare a tutti i costi.
Anche perché c’è un altro italiano detenuto all’estero per motivi inspiegabili.
Si tratta di Alberto Trentini, cooperante italiano di cui non si hanno notizie dal 15 novembre.
La famiglia si chiede come mai per Cecilia Sala ci sia stato un intervento rapido del governo, mentre per Alberto sembra non muoversi una foglia.
Forse perché non abbiamo merce di scambio dello stesso valore?
IL FUTURO DI CECILIA SALA: POLITICA O PROPAGANDA?
Ora che è tornata in Italia, Cecilia Sala è già oggetto di speculazioni politiche. Da destra a sinistra, tutti sembrano pronti ad accoglierla a braccia aperte.
Non sarebbe sorprendente vederla candidata in un qualsiasi partito di sistema, o magari addirittura fondarne uno nuovo. La politica italiana ha già visto molti esempi di giornalisti che si trasformano in politici, cavalcando l’onda della notorietà.
UNA PROPAGANDA SENZA LIMITI
La comunicazione ufficiale ha dipinto questa vicenda come una vittoria del girl power, una dimostrazione della forza delle donne italiane. Ma la realtà è ben diversa: siamo di fronte a una narrazione artificiale, costruita per mascherare le debolezze della nostra politica estera e le difficoltà della nostra intelligence.
È ora di smettere di celebrare personaggi che, lungi dall’essere eroi, rappresentano un problema per il nostro Paese. L’Italia ha bisogno di leader capaci di difendere gli interessi nazionali, non di figure mediatiche utilizzate come pedine in un gioco più grande di loro.
Ancor di più, l’Italia ha bisogno di riacquistare la propria sovranità che, attualmente, appartiene a qualcuno al di là dell’oceano.
IL ROMANZO CHE SVELA CHI CONTROLLA IL MONDO
