Ebbene sì, Donald Trump torna alla Casa Bianca con la sua faccia truce, da manifesto dell’era della rabbia che si è costruito in questi anni.
Ma Trump non è il problema. Non lo è nemmeno l’incoerenza patologica di chi ha guidato il povero Joe Biden, che glorificava la Corte Penale Internazionale (CPI) quando invocava l’arresto di Putin, per poi minacciare i giudici della stessa CPI quando hanno osato puntare il dito contro Netanyahu e i suoi crimini contro l’umanità.
Semmai, l’incoerenza è un effetto di qualcosa più grande.
Senza dimenticare quella Kamala Harris, che i giornalisti italiani davano già per vincente su Trump, tanto da chiedersi solo con quale distacco, la quale ballava e mostrava sorrisi da ebete, infischiandosene delle reali esigenze del suo popolo, disposto anche alla rabbia pur di abbandonare il disastro di certe politiche.
NON È TRUMP, MA È L’IDEA DI AMERICA CHE SPAVENTA
Non è l’insediamento di Donald Trump il problema. Semmai, tanti, sono persino speranzosi che possa porre fine alla guerra in Ucraina, a torto o a ragione.
Il vero problema è più grande, più subdolo e molto più pericoloso: l’idea che la NATO, nata come forza difensiva nel 1949, si sia rivelata uno strumento di offesa in mano ai poteri occulti che governano l’America.
Una clava al servizio dei capricci dell’impero americano, che da decenni esporta democrazia con i bombardamenti, distribuisce pace a colpi di sanzioni, cambi di regime, qualche “piccola” guerra perpetua, e stabilisce chi, come e quando debba essere definito terrorista oppure no.
L’America ha creato, addestrato e finanziato Al Qaeda, poi l’ha dichiarata terrorismo quando non serviva più ai suoi scopi. Stessa cosa è accaduto con il tagliagole che attualmente governa la Siria.
Serbia, Afghanistan, Iraq, Siria, Libia, Ucraina. Con o senza la foglia di fico dell’ONU a giustificare il capriccio del momento, hanno conosciuto queste logiche imperialiste a stelle e strisce.
I NEOCON: DA CHENEY A BIDEN, PASSANDO PER TUTTI GLI ALTRI
Tutto cominciò con l’epifania neocon degli anni ’90.
Prendendo spunto dall’idea di provocare il dissanguamento della Russia, auspicato da Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale di Jimmy Carter, nacque il Progetto per un Nuovo Secolo Americano, di Rumsfield, Cheney e Kagan.
Dick Cheney, allora Segretario alla Difesa, concepì l’idea geniale: gli Stati Uniti come unica superpotenza, non solo incontrastata, visto lo sfaldamento dell’URSS, ma anche inarrestabile.
Una specie di Rambo geopolitico con missili nucleari e il dito sempre pronto sul grilletto.
Da Clinton a Bush, passando per Obama e Trump, fino a Biden, ciascuno con il proprio stile, tutti hanno fatto proprio quel progetto: non governare nel mondo, ma comandarlo.
La strategia?
Semplice: espandere la NATO fino alla porta di casa della Russia, promettendo però – con la stessa affidabilità di un mago in tv – che “non ci sposteremo di una sola spanna verso est, oltre i confini della Germania”.
Fu la promessa del Segretario di Stato americano, james Baker a Gorbaciov, il 9 febbraio 1990. «La giurisdizione della Nato non si allargherà neppure di un pollice a Est»
Promessa che fu ribadita anche dal Segretario generale Wörner a Bruxelles, il 17 maggio 1990, quando assicurò: «Il fatto che noi siamo pronti a non schierare un esercito fuori dal territorio tedesco offre all’Unione Sovietica una stabile garanzia di sicurezza.»
Tale garanzia sarà messa per iscritto – come scoperto dallo Spiegel- il 6 marzo 1991, dai direttori politici dei ministeri degli Esteri di Usa, Francia, Germania e Gran Bretagna, ruiniti a Bonn.
Fu messo a verbale che «Abbiamo chiarito […] che non intendiamo estendere la Nato oltre L’Elba. Non possiamo, quindi, concedere alla Polonia e ad altre nazini dell’Europa centrale e orientale l’ingresso nella Nato.»
Il rappresentante della Casa Bianca, Raymond Seitz, confermò che «non intendiamo sfruttare sul piano strategico il ritiro delle truppe sovietiche dall’Europa dell’Est e che la Nato non dovrà espandersi al di là dei confini della nuova Germania né formalmente né informalmente.»
Ovviamente, come accade spesso con le promesse americane, i confini Nato si sono spostati: non di pollici o spanne, ma di migliaia di chilometri.
Oggi, la NATO è un club che include chiunque stia bene agli USA, purché sia disposto a spendere in armi americane, a concedere territori per le loro basi e le loro armi, e voglia far da scudo umano per i giochi di potere di Washington.
Qualcuno sostiene che non ci sia niente di male, poiché sono le nazioni a chiedere l’ingresso nella Nato. Un po’ come quando un calciatore chiedere di essere ceduto a un’altra squadra, ma si omette di raccontare che ha avuto un’offerta faraonica.
Perché la Nato ha “comprato” a suon di promesse di miliardi di dollari le richieste degli stati. Ma, se hai un patto e vuoi rispettarlo, non fai nemmeno la proposta.
“Né formalmente né informalmente.”
Altrimenti sei come il tizio che seduce la moglie dell’amico e poi le dà della prostituta perché ha tradito il marito.
LA RUSSIA, LA CINA E IL RITORNO ALLA POLITICA DI POTENZA
Poi ci sono loro: i cattivi di turno. Perché si sa, non esiste eroe senza un antagonista.
Prima l’URSS, oggi la Russia e la Cina.
Mosca, che non accetta l’espansione della NATO in Ucraina, viene bollata come “aggressore”. Mai che si ammetta che forse, giusto forse, stuzzicare un orso con un bastone non è proprio un’idea brillante.
E senza ricordare che nel 1962 la stessa America pretese che una nazione sovrana smantellasse i missili situati nelle proprie basi perché a Kennedy non andava di dormire con la paura che l’URSS ordinasse a Cuba di lanciarli sulla Casa Bianca.
Pechino, intanto, si limita a far paura economicamente: produce tecnologia ultra avanzata, auto elettriche, pannelli solari, e lo fa a un costo che gli americani possono solo sognare, perché la manodopera costa niente e sono pieni di materie prime.
E siccome il mercato globalizzato premia chi produce meglio e a meno, la Cina, destinata a diventare la prima superpotenza economica al mondo, è diventata la rivale per eccellenza.
Risultato? Biden (un neocon sotto mentite spoglie) con le politiche dei suoi amici immaginari, quelli che salutava e vedeva solo lui, ha dimostrato che la coesistenza non è contemplata.
Meglio un bel confronto diretto, con un pizzico di guerra fredda 2.0 e il consueto contorno di basi militari sparse ovunque.
LA NATO DELL’APOCALISSE
E mentre l’industria degli armamenti ride sotto i baffi, la NATO sventola la sua Dichiarazione di Washington: “Siamo un’alleanza difensiva”, proclamano con l’innocenza di un lupo travestito da agnello.
Difensiva? Chiedetelo alla Serbia bombardata senza mandato dell’ONU, o alla Libia ridotta in macerie.
O, ancora, all’Ucraina, trasformata in un campo di battaglia con il colpo di stato del 2014, salvo raccontare, attraverso la propaganda, che Putin, non sapendo come trascorrere il tempo, una mattina ha ordinato l’invasione.
Anche sulla pace in Ucraina, la NATO non si smentisce.
Nessun interesse per una soluzione negoziata: l’unico “percorso irreversibile” è quello verso la guerra eterna. L’Ucraina deve entrare nella NATO, costi quel che costi.
Alla faccia delle promesse a Gorbaciov.
La Russia non accetterà mai? Per l’impero americano è un dettaglio. Tanto, c’è sempre l’Europa da sacrificare, con i suoi territori e la sua gente.
90 SECONDI DALL’APOCALISSE
Nel 1992, qualcuno sosteneva che l’orologio dell’apocalisse segnasse 17 minuti alla mezzanotte nucleare.
Oggi siamo a 90 secondi. Complimenti ai neocon e ai loro amici: missione compiuta.
Con un po’ di impegno, magari riusciranno a portarlo a 30 secondi, fino al conto alla rovescia finale.
Ma tranquilli, tutto questo è “per la pace”.
Dicono così, no? Condizionatori o pace? E altre panzane di gente di tal calibro.
UNA DIPLOMAZIA DELLA COESISTENZA
La soluzione sarebbe semplice: abbandonare il delirio imperialista dei neoconservatori e tornare a una diplomazia basata sulla coesistenza pacifica, ma non se ne parla nemmeno.
Per qualcuno, significherebbe dire addio a trilioni di dollari derivanti dalle guerre e dal traffico di armi, o dagli accordi commerciali che si perderebbero se Europa e Russia riprendessero a parlarsi.
Trump s’insedia, Biden esce di scena, ma il progetto resta: un mondo a immagine e somiglianza di Washington, o meglio, dell’industria delle armi e dei suoi azionisti.
Alla fine, a vincere è sempre la rabbia. O meglio, l’arroganza di chi ha un unico scopo nella vita: potere e soldi.
Ma state tranquilli. Quelli che piangono per la sconfitta di Kamala Harris e per l’addio di Biden, sono convinti di essere dalla parte giusta della storia e che Trump sia il male.
Sicuri che Trump, Biden, Harris o altri contino davvero qualcosa e possano fare differenza?
Davvero convinti che Kennedy sia stato ucciso da un pazzo filocomunista?
Forse sì. Ma forse no.
ALCUNE FONTI
La Sconfitta dell’Occidente, di Emmanuel Todd.
Ucraina. Critica della Politica Internazionale, di Alessandro Orsini.
L’Impero della Periferia, di Boris Kagarlickij.
Ucraina, Russia e Nato in Poche Parole, Marco Travaglio.
La Russia di Putin, di Mara Morini.
IL ROMANZO CHE FA LUCE SU CHI COMANDA IL MONDO

2 pensieri riguardo “OGGI SI INSEDIA LA RABBIA DI TRUMP. FORSE SÌ. MA FORSE NO.”