QUALE VALORE HA IL GIORNO DELLA MEMORIA NELL’EPOCA DELL’INDIFFERENZA?

Il 27 gennaio, giorno della memoria, non è solo una data commemorativa come tante altre, ma un richiamo profondo a interrogarsi sulle radici della disumanità.

O, almeno, questo dovrebbe essere il senso di questa ricorrenza.

Ma è davvero opportuno continuare a celebrare questa Giornata della Memoria, con il solito carico di bei discorsi, ricchi di retorica, dopo quello che è accaduto a Gaza nell’ultimo anno e mezzo?

Quando assistiamo impotenti a eventi che sembrano smentire gli insegnamenti che questa giornata dovrebbe veicolare a noi tutti?

Com’è possibile che, nonostante la lezione della Shoah, il mondo sembri incapace di applicare i principi universali di giustizia e di dignità umana?

La risposta a questa domanda ci impone di riflettere non soltanto sulla storia, ma sul presente, perché se il passato non ci ha insegnato niente, allora siamo inutili come esseri umani.

MEMORIA COME ANTIDOTO ALLA BARBARIE

Hannah Arendt, nel suo celebre studio sulla “banalità del male”, ha mostrato come gli orrori dell’Olocausto non siano stati perpetrati da mostri, ma da individui ordinari, perfettamente integrati nella società, un’evidenza che ha messo in luce quanto sia fragile la civiltà.

Nella sua riflessione “inattuale”, Nietzsche ammoniva sui pericoli di una memoria sterile, incapace di trasformarsi in azione etica, per cui ricordare non è sufficiente se non siamo capaci di interrogarci sugli orrori commessi oggi.

Se il giorno della memoria nasce per affermare il valore universale della dignità umana, come possiamo ignorare le sofferenze di altri popoli oppressi?

Già Zygmunt Bauman, nel suo libro “Modernità e Olocausto”, sottolineava come le dinamiche di esclusione e violenza non siano un residuo del passato, ma una potenzialità presente nella modernità, così come Michel Foucault ha dimostrato come il potere sia spesso legittimato costruendo narrazioni che disumanizzano il nemico.

Un tempo erano gli ebrei, ma oggi sono i palestinesi. Se una notizia racconta di venti cittadini ucraini vittime di un bombardamento russo, molti provano rabbia ed empatia, ma se si tratta di venti tra le decine di migliaia di palestinesi massacrati dai bombardamenti israeliani, la gran parte degli occidentali sembra fare spallucce. Come se i palestinesi non fossero umani. O come se il seme del nazismo avesse partorito molti figli?

Oggi, questa dinamica si ripete nelle retoriche che descrivono i palestinesi come minacce, giustificando così la negazione dei loro diritti fondamentali. Allora, chi non condanna Hamas merita di morire, secondo una logica che non è soltanto omicida, ma anche demenziale.

IL RUOLO DELLA SOCIETÀ CIVILE: UN RICHIAMO ALL’ETICA

Oggi ci ricorderanno tante immagini di Auschwitz, eppure basterebbe trasmettere quelle di Gaza dell’ultimo anno e mezzo per raccontare il medesimo orrore, pertanto, la società civile ha il compito di ridefinire il senso della memoria.

Primo Levi scriveva che “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. Ma conoscere non significa solo accumulare informazioni, altrimenti si resta idioti sapienti; significa, invece, sviluppare un senso critico capace di smascherare le giustificazioni del potere.

Eppure, là fuori è pieno di nazisti mascherati, di persone che gioivano quattro anni fa, discriminando chi era senza green pass, e applaudono criminali del calibro di Benjamin Netanyahu, su cui pende un mandato d’arresto per crimini di guerra e contro l’umanità emesso dalla Corte Penale Internazionale.

Perché tanta cattiveria? Perché il male si riaffaccia, nonostante quasi ottant’anni di giornate a ricordare la tregedia?

Carl Gustav Jung parlava dell’“ombra collettiva”, quella parte oscura della psiche umana che, se non affrontata, rischia di manifestarsi attraverso la violenza e l’odio.

Ci sono persone che hanno nella loro indole quest’odio, le quali si accendono come terroristi dormienti, e vomitano il loro peggio non appena gli eventi sdoganano certi comportamenti discriminatori, offensivi e criminali.

GIUSTIZIA E DIRITTO INTERNAZIONALE: UN CAMPO MINATO?

Il diritto internazionale dovrebbe rappresentare il fondamento di un ordine mondiale giusto ed equo.

Tuttavia, la sua credibilità è minata da chi vorrebbe che la Corte Penale Internazionale, concepita per giudicare i crimini contro l’umanità, non giudicasse mai gli occidentali e i loro alleati.

Beh, non c’è bisogno di scomodare Kant, per comprendere la necessità di un diritto cosmopolitico fondato sull’eguaglianza tra i popoli. Tra tutti i popoli. Anche quelli che non piacciono agli americani e agli israeliani.

Tuttavia, la realtà è lontana dall’ideale kantiano. Quando notiamo che esistono politici, giornalisti e cittadini comuni che giustificano la violazione dei diritti umani in nome della sicurezza o della geopolitica, è evidente come si tradiscano non soltanto i principi del diritto internazionale, ma anche l’insegnamento fondamentale del giorno della memoria.

UN MONDO SENZA MEMORIA È UN MONDO SENZA FUTURO

“Chi controlla il passato controlla il futuro; chi controlla il presente controlla il passato”, scriveva George Orwell in 1984, una frase che ci ricorda come la memoria sia un campo di battaglia, dove si decide il senso del presente e la direzione del futuro.

Se dimentichiamo — o peggio, se distorciamo o non comprendiamo — il significato del giorno della memoria, è normale essere ricaduti nella barbarie delle atrocità cui abbiamo assistito nell’ultimo anno e mezzo.

A parlare di etica della responsabilità verso l’Altro, come la A maiuscola, è stato Emmanuel Levinas, con uno studio particolareggiato sui fondamenti della nostra umanità, quelli che sembrano così fragili e disumani oggi.

IL GIORNO DELLA MEMORIA COME RIVOLUZIONE ETICA

Il giorno della memoria non può essere una semplice ricorrenza. Deve trasformarsi in un atto rivoluzionario di resistenza contro l’oblio e l’indifferenza, perché non possiamo scegliere di ricordare solo ciò che è conveniente o politicamente opportuno né si può accettare il tifo di fronte ai massacri di interi popoli.

Se vogliamo onorare davvero le vittime della Shoah, dobbiamo opporci con fermezza a ogni forma di ingiustizia e discriminazione, ovunque si manifesti, senza distinzioni, senza se e senza ma, poiché è proprio nei se e nei ma che si annida il vero nazismo, quello più subdolo.

Solo così il grido “Mai più” smetterà di essere una vuota formula retorica e diventerà il fondamento di un’autentica etica globale.

Mai più significa dire basta oggi!

La memoria è una promessa, ma anche una sfida. Sta a noi raccoglierla.

IL ROMANZO CHE SVELA PERCHÉ IL NAZISMO È IN MEZZO A NOI

Le Menti Invisibili, è il nuovo romanzo di Pasquale Di Matteo

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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