IL DECLINO DELL’IMPERO AMERICANO. I CAPRICCI DI UN GIGANTE ALLE PORTE DELLA FINE

UN IMPERO CHE NON SA PIÙ INNOVARE, MA SOLO ACCUSARE E MINACCIARE

C’era un tempo in cui la grandezza di una nazione si misurava con la superiorità industriale, con i ponti costruiti, con le tecnologie rivoluzionarie e gli ideali di spessore.

Da Roma a Bagdad, da Parigi a Londra, fino a New York.

Tuttavia, oggi, per gli Stati Uniti, si misura in tweet isterici, nella minaccia di dazi, in nemici immaginari da additare come fossero fantasmi di un circo mediatico.

L’America, quella dei Kennedy e dei Roosevelt, si è ridotta a un pupazzo che urla e sbatte le mani sul tavolo, mentre la sua ombra si restringe sempre più.

Il dollaro vacilla? Colpa dei BRICS.

L’intelligenza artificiale cinese avanza? «Hanno rubato la nostra tecnologia!».

Persino i missili ipersonici russi, che gli Stati Uniti non riescono a replicare dopo miliardi buttati dalla finestra, diventano un “furto”.

Ma se tutto ciò che hai costruito ti viene “rubato”, caro Impero, forse il problema non è il ladro, ma un guardiano quantomeno idiota.

LA FARSA DEL DOLLARO: QUANDO LA MONETA DIVENTA UN’ARMA (E TI SI RIVOLTA CONTRO)

Decenni di sanzioni, embarghi, divieti SWIFT.

Il dollaro usato come clava per piegare nazioni ribelli.

Poi, a un certo punto, ecco che arriva il conto, con i BRICS che, stanchi di essere ricattati, cercano vie alternative.

E Washington, invece di interrogarsi sull’opportunità della sua arroganza, con cui ha trasformato la propria valuta in uno strumento di guerra, alza la voce: «Vi tasserò al 100%!».

Come un bambino che, privato del giocattolo, minaccia di rompere tutti gli altri.

Ma sono solo urla isteriche. Il dollaro non è più un dogma, ma una dipendenza tossica e i tossici, si sa, quando perdono il controllo, urlano.

DEEPSEEK E L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE: IL COMPLESSO DEL SECCHIO VUOTO

DeepSeek è ormai un nome che fa tremare Silicon Valley.

L’IA cinese supera OpenAI e la risposta americana è un coro di lamenti: «Hanno copiato! Hanno rubato!».

Tuttavia, cari americani, sorge spontanea una domanda: se la vostra tecnologia è così superiore, perché la superano tutti? Perché Howard Lutnick, nominato da Trump al Commercio, deve trasformarsi in una Cassandra da tastiera?

E come mai i vostri sistemi di sicurezza fanno acqua da tutte le parti, visto che vi rubano tutto?!

Perché quando non sai più innovare, accusi gli altri di furto. È la sindrome del secchio vuoto: più fa rumore, meno contiene.

MISSILI IPERSONICI E LA FAVOLA DEL LADRO INESISTENTE

Nel 2020: «La Russia ci ha rubato la tecnologia!».

Nel 2023: stessa litania.

Nel 2024, il disco si ripete.

Intanto, Mosca e Pechino sorridono, mostrando missili che tagliano il cielo a Mach 11, mentre gli USA bruciano miliardi in progetti che, puntualmente, vengono superati dai rivali.

E no, non si tratta di un furto, ma di un declino.

Quando l’impero perde il passo, trasforma l’incompetenza in complotto. E mentre il Pentagono balbetta, il Cremlino ride.

DELOCALIZZAZIONE E IL PIANTO DEL COCCODRILLO

Quarant’anni fa, le fabbriche americane migravano in Cina, inseguendo salari da fame e profitti stellari, ma, oggi, Washington scopre il “furto di posti di lavoro”, un’ironia tragica, perché chi ha svenduto il proprio popolo per il capitale ora recita il ruolo della vittima.

«Ci hanno derubati!» piagnucolano i magnati.

No, cari miei, vi siete venduti e ora, come lo stupratore che accusa la vittima di seduzione, pretendete compassione.

TIKTOK: IL SIMBOLO DI UN MONDO CHE NON SI CONTROLLA PIÙ

Un terzo degli adulti americani è su TikTok, dicono i dati, cosa insopportabile per Washington, che non possiede l’algoritmo, non controlla i contenuti e non può censurare.

Allora, la solita minaccia: «Dateci il 50% o vi spegniamo».

Trump mostra la bava alla bocca del padrone e urla: «Ho il diritto di “controllarlo” o di distruggerlo».

Ma il diritto di chi e in base a quali norme?

In base agli umori capricciosi di un impero che non tollera ciò che non domina.

TikTok è lo specchio di un’America che non è più faro, ma specchietto retrovisore.

DALLA LEADERSHIP ALLA LAMENTELA: L’AUTOBIOGRAFIA DI UN IMPERO IN AGONIA

Leadership è responsabilità, è guardarsi allo specchio e ammettere di aver sbagliato.

Ma Washington ha sostituito la riflessione con la proiezione, per cui ogni fallimento è colpa di un nemico esterno, ogni critica è un complotto.

Il dollaro crolla? Colpa dei BRICS. La tecnologia arranca? Colpa della Cina. L’esercito è obsoleto? Colpa della Russia. È il rituale di un malato terminale che rifiuta la diagnosi, incolpando l’infermiere per le metastasi disseminate in tutto il corpo.

Roma cadde quando smise di costruire strade e iniziò a erigere muri e Londra perse l’impero quando scambiò il tessuto industriale con la finanza speculativa.

Oggi, Washington prova a esercitare il potere con il capriccio, con la diplomazia del bullismo, l’innovazione della paranoia.

Gli imperi non muoiono per colpa degli altri. Muoiono quando, invece di coltivare il proprio giardino, accusano il vicino di avergli rubato il rastrello.

UN ULTIMO ATTO: TRA RANCORE E NOSTALGIA

C’è qualcosa di poeticamente tragico in questa agonia.

L’America, nata dalla ribellione contro un impero, diventa ciò che disprezzava. Perché urlare «Make America great again» non è una speranza, ma il lamento di chi, ormai, può aggrapparsi solo alla nostalgia.

Come un anziano che, davanti al tramonto, rimpiange i suoi vent’anni e se la prende con il mondo intero per essere giunto alla fine dei suoi giorni.

E mentre gran parte del mondo non ha più paura e sorride di fronte agli ultimi capricci di un impero non tanto in dissolvimento, ma sempre più superato da altri imperi, gli Stati Uniti continuano a recitare il copione dell’imperatore del globo.

Fino all’ultimo applauso. Fino all’ultimo respiro. Chiudendo gli occhi e tappando le orecchie per non sentire i fischi, sempre più numerosi e assordanti.

CHI HA UCCISO PASQUALE DI MATTEO?

Le Menti Invisibili, è il nuovo romanzo di Pasquale Di Matteo

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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