I numeri suonano come epitaffi sulle tombe.
Mentre le vendite di copie digitali restano sostanzialmente stabili, le copie cartacee perdono terreno e dimostrano un’emorragia di lettori che è da si salvi chi può.
Analizzando i dati di vendita dei maggiori quotidiani italiani nel mese di dicembre 2024, il Corriere della Sera perde 11.277 copie (-9,12% rispetto al 2023), La Repubblica crolla del 13,46%, La Stampa arretra di 7.216 copie.
Persino la Gazzetta dello Sport, che dovrebbe avere tanti fedelissimi al Bar Sport, segna solo autogol, registrando una perdita di lettori pari al 6,94%.
Un bollettino di guerra, ma senza eroi. Solo cadaveri di carta, sepolti sotto il silenzio di lettori sempre più sfiduciati.
D’altronde, perché un italiano dovrebbe pagare 2 euro per leggere un mare di sciocchezze?
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LA GRANDE ABBUFFATA DELLA MENZOGNA
Immaginate un ristorante dove ogni piatto non rispetta quanto indicato nel menu.
I clienti, prima affamati, poi nauseati, infine in fuga.
Ecco, la stampa italiana sta somigliando sempre più a un menu tossico, in cui sono indicate sanzioni miracolose, in grado di annientare l’economia di Mosca; generali russi che abbandonano il campo di battaglia e si danno alla fuga.
Putin morente per una serie infinita tra attentati e tipologie di cancro; ucraini vincitori grazie a controffensive risolutive; soldati russi allo sbaraglio, perché non addestrati a dovere e dotati solo di pale, non ricevendo più munizioni, vista l’economia di Mosca al collasso.
Ma è lo stesso menu che, prima di essere rivisitato per la nuova stagione, mostrava i vari Parenzo e Cecchi Gori ridicolizzare persino Premi Nobel per la medicina, quando alcuni luminari si permettevano di far notare delle criticità sui sieri sperimentali anti Covid.
Criticità che i recenti studi, varie pubblicazioni scientifiche e risultati di inchieste indipendenti hanno certificato essere lecite e fondate.
Eppure, basta passare anche soltanto davanti a un’edicola per accorgersi che i titoli sono sempre gli stessi: “Stiamo vincendo!”, “La Russia non vincerà.”
Peccato che la realtà, come un cane randagio, morda i polpacci di chi la ignora.
E i nostri illuminati giornalisti?
Sono Rambo del copia-incolla, sacerdoti di un verbo dettato da Bruxelles e Washington, almeno fino all’era in cui governavano gli amici invisibili che Biden salutava nei comizi.
Nel 2022, promettevano la resa russa in tre giorni, il tempo che le “sanzioni dirompenti” dell’Occidente facessero effetto.
Ricordate come i nostri illustri esperti di geopolitica mostravano il petto gonfio al discorso di Mario Draghi sulle sanzioni, nel settembre di quell’anno?
Oggi, con lo stesso zelo, questi spacciatori di fake news autorizzate vendono la “minaccia all’Europa” di un esercito che, secondo loro, non ha né armi né comandanti.
Cioè, questi eroi dell’informazione scrivono davvero che la Russia vuole conquistare l’Europa intera – sulla base di quali elementi?- ma lo scrivono un attimo dopo averci ricordato che Mosca non ha più uomini perché sono morti tutti in Ucraina e che quelli ancora in vita sono costretti a smontare microchip e a combattere con delle pale.
Logica da reparto psichiatrico.
LA COMMEDIA DEGLI EUROPEI: DA DRAGHI A MACRON, IL BALLO DEI PERDENTI
Se i soldati ucraini avessero avuto la stessa potenza di fuoco delle balle sparate da Draghi in questi anni, tra green pass per creare luoghi sicuri e sanzioni dirompenti, a quest’ora Mosca sarebbe stata rasa al suolo da mesi.
Poi ci sono Scholz, Macron, Rutte.
Tre nomi, una farsa.
Il cancelliere tedesco minaccia dazi agli USA come un bambino che brandisce un cucchiaio contro un carro armato. La Germania, già stesa dalla follia green e dal sabotaggio del Nord Stream che gli ha regalato l’Ucraina, è più vicina alla depressione che ai fasti di un tempo.
E Macron? Quello che il 70% dei francesi ha preso a calci sul deretano nelle scorse elezioni?
Come un dittatore sudamericano, sogna di armare l’Ucraina dell’altro dittatore, quel comico che interpreta ancora il ruolo del presidente, ma che gli stessi sondaggi occidentali dimostrano quanto sempre più isolato persino in patria.
Intanto, l’Italia annaspa: energia a +200%, industrie in tilt, pensionati che scelgono tra pane e medicine, sebbene Giorgia canti vittoria per numeri sull’occupazione che fanno ridere.
E no, non è quella di Sanremo.
I nostri illustri membri del governo parlano di spese militari al 3% del PIL, come se avessero una stampante magica nel garage di Montecitorio.
Peccato che i conti siano già un buco nero e lo dimostrano le scuole fatiscenti, in cui i genitori sono costretti ad acquistare risme e carta igienica; ospedali allo sbando; ponti che crollano più in fretta delle promesse elettorali.
MATTARELLA E LA MEMORIA SPEZZATA
E poi arriva lui. Il presidente taglianastri. Il migliore, quando si tratta di elogiare la parte sbagliata della storia.
E, ovviamente, i pennivendoli, quelli che non ne hanno azzeccata mezza negli ultimi cinque anni, osannano Sergio Mattarella, presidente della Repubblica, il quale ha avuto l’ardire di accostare Putin a Hitler.
Si è solo dimenticato, però, che furono i sovietici a liberare Auschwitz, pagando il tributo più alto per liberarci dal nazismo: 28 milioni di morti.
Un dettaglio importante, ma quando la storia non la conosci, o non l’hai capita, capita di dire castronerie alle quali può applaudire soltanto uno stolto. Infatti, diversi storici si sono affettati a sottolineare l’enorme gaffe del presidente, a cominciare dal Prof. Luciano Canfora.
Lo stesso Mattarella che, da ministro della Difesa del governo del PD retto da D’Alema, nel 1999, bombardò la Serbia senza mandato ONU.
Strano che i nostri illustri giornalisti non l’abbiano ricordato, ma la storia, per certi pennivendoli, è un optional: si usa solo quando fa comodo.
Infatti, di fronte alle castronerie di Mattarella applaudono a scena aperta.
Nessuno ricorda che nel 2014 gli USA finanziarono il golpe di Kiev. Nessuno ammette che la “guerra giusta” è una trappola: l’Ucraina, trasformata in trincea della NATO, paga oggi il prezzo di accordi rifiutati su pressione occidentale nel 2022, quando si potevano risparmiare dalla morte centinaia di migliaia di giovani ucraini e russi.
Intanto, l’Europa si sgretola: energia cara, industrie al collasso, famiglie al gelo.
Ma i giornalisti? Scrivono di “resilienza”. Parola vuota, come le loro coscienze.
LA FINE DI UN MONDO: TRA CAVERNE DIGITALI E IL SILENZIO DELLE TIPOGRAFIE
C’è un’altra verità, più amara dei dati di vendite.
Il declino dei quotidiani non è solo colpa delle fake news. È il lamento di un popolo tradito, che ha smesso di credere nelle favole e nelle analisi prive di logica di presuntuosi che non ne hanno azzeccata mezza neppure copiando, ma che ancora si permettono di criticare chi scriveva delle criticità sui vaccini e del disastro che l’Occidente avrebbe provocato in Ucraina.
Negli anni ’90, pur con diverse criticità, i giornali erano fari. Oggi sono lanterne rosse in un bordello di potere e propaganda, da dove urlano virtù e praticano ipocrisia.
Perciò le edicole diventano cimiteri di carta. Ogni copia invenduta è un’accusa. Perché comprare il Corriere se i suoi titoli sono tweet di Draghi rimasticati?
Perché leggere Repubblica se i suoi editoriali sembrano ChatGPT allenato su discorsi di Ursula von der Leyen?
EPILOGO: QUANDO L’EUROPA SI SVEGLIÒ SENZA SPECCHI
Tra mille anni, forse, qualcuno studierà questa era come l’apoteosi del nonsenso. Un continente che si è suicidato per compiacere le mire imperialiste di Washington.
Giornalisti che hanno scambiato la verità per un copione di Hollywood. Leader che hanno confuso la guerra con la PlayStation.
Oggi, però, non ridiamo. Piangiamo.
Perché dietro ogni copia mancata c’è un operaio licenziato, una famiglia al freddo, un giovane che fugge all’estero e tanti delusi dai troppi morti causati anche dalle balle veicolate da chi scrive su quei quotidiani.
Tant’è che, mentre l’Europa è una madre che vende i figli per comprare armi, i giornalisti sono il coro di questa tragedia. Stonati, ipocriti, sempre più lontani dal respiro spezzato di chi cerca solo pane e verità.
E anche politici che non siano psicopatici allo sbaraglio non sarebbe male, ma non vorrei pretendere troppo.
La gente è stanca delle balle e dei troppi incompetenti trasformati in guru dal sistema, perciò i dati di vendita sono impietosi, perché quando il sipario cala sulla credibilità, ad applaudire non resta nessuno.
E come si difendono lor signori, i nostri illustri giornalisti, di fronte alle evidenze dai teatri di guerra e dei dati di vendite?
Attaccano.
Gridano allo scandalo, dando degli ignoranti a chi ci aveva preso, a chi aveva proposto analisi rivelatesi fondate e veritiere.
Io e tanti altri siamo attaccati da lor signori, accusati di essere neofiti, dilettanti allo sbaraglio e altre etichette.
Perché la storia insegna che, quando non possono reggere il confronto con i contenuti e le argomentazioni, come si evince dai fatti, non resta loro altro se non ammettere di non essere all’altezza oppure offenderti.
Ma, alla luce di quanto accaduto in questi anni, ha ancora un senso l’ordine dei giornalisti?
Non è meglio seguire solo chi ha dimostrato di essere all’altezza, con analisi che si sono rivelate vere, abbandonando chi ha raccontato panzane fino a stamattina, con o senza iscrizione ad albi e altre associazioni giurassiche?
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