L’EUROPA, LA GUERRA, L’EQUILIBRIO CHE MANCA E LA CULTURA E L’ANALISI DA BAR SPORT

L’Europa è un continente ricco di storia e cultura. Ma anche zeppo di contraddizioni, per cui, quando si parla di politica, difesa e futuro, sembra che tutto si riduca a un tifo da stadio.

Da una parte i falchi, pronti a riarmarci fino ai denti per paura di un’invasione russa che, stando al resoconto della guerra in Ucraina fatto dai giornalisti italiani in questi tre anni, sembra più un’ossessione da film di fantascienza che una minaccia reale.

Dall’altra, i pacifisti da salotto, quelli che vivono nel paese dei balocchi e credono che il mondo sia un posto idilliaco dove la guerra non esiste più.

In mezzo? Proprio i giornalisti, spesso politicizzati o al soldo del potere, che invece di fare informazione fanno propaganda, tra pale, microchip, Mosca al tappeto e poi, come per una magia di Harry Potter, un impero malvagio e potentissimo contro cui non avremmo difesa.

LA RUSSIA, IL MOSTRO DELLE FAVOLE

Partiamo proprio dalla Russia, il grande spauracchio.

Secondo i nostri giornalisti, Putin è un genio del male che vuole conquistare l’Europa.

Sì, proprio quel Putin che da tre anni ci raccontano in fin di vita per una serie infinita di malattie diverse. Quello che i russi stavano per cacciare ad aprile 2022. Quello alla guida di un esercito incapace e non addestrato, senza armi né munizioni.

Ma la realtà che ci hanno descritto il Corriere della Sera, Repubblica e tutti i quotidiani più importanti è la seguente: la Russia è un Paese con un’economia al tappeto, una moneta che vale meno della carta igienica e un esercito che combatte con pale e microchip rubati dagli elettrodomestici ucraini.

Lo so, fa ridere pensare a quanto siano cretini gli americani, che spendono miliardi in ricerca e sviluppo, poi arriva Putin, e toh, smonto un tostapane e uso le sue schede elettroniche per muovere un carro armato. Ma la logica dei nostri giornalisti è questa roba qui.

Tuttavia, l’esercito russo come potrebbe marciare su Lisbona entro il 2900 se dopo tre anni è ancora ben distante da Kiev?

Vuoi vedere che avevo ragione io a dire che Putin stava giocando e che, se solo avesse voluto usare le armi vere, avrebbe conquistato Kiev in due settimane?

Ma qui sorge un’altra domanda e ben più importante: perché la Russia dovrebbe voler invadere l’Europa? Per conquistare cosa? Il Colosseo? La Torre Eiffel? L’immondizia di Roma? Le gang di Milano?

La Russia è il Paese più grande del mondo, con risorse naturali da vendere e problemi interni da risolvere che una guerra al resto del mondo accentuerebbe.

Non ha bisogno di Roma, Parigi o Berlino. Eppure, continuiamo a parlare di riarmo come se fossimo sull’orlo di una Terza Guerra Mondiale.

-In verità sembra davvero imminente, ma non per colpa di Putin, ma perché Macron, Von der Leyen e il loro club spinge in maniera fortissima in quella direzione per salvare le rispettive poltrone, dopo i fallimenti delle loro sanzioni, che hanno affossato l’industria europea e annientato il potere d’acquisto in Europa.

IL RIARMO: UNA SOLUZIONE O UN PROBLEMA?

Chi sostiene il riarmo lo fa spesso con argomentazioni deboli e piene di paura.

“Armiamoci perché la Russia è pericolosa!”. Ma davvero? Quella con l’esercito che combatte solo armato di pale?

Siamo seri? Perché si può fare debito per le armi mentre per anni avete mandato la Troika in Grecia e costretto gli europei al rigore sui conti? Perché non possiamo spendere miliardi per investire in istruzione, sanità e ricerca?

E se invece di creare un’Europa forte militarmente, creassimo prima un’Europa unita politicamente?

Anche perché, solo costruendo un’Europa dei popoli, unita e con una forte identità, si potrà chiedere a un cittadino di combattere per difendere la sua patria.

Oggi no. La patria di un cittadino di Madrid è la Spagna, non l’Europa. Quella di un romano è l’Italia, quella di un parigino è la Francia.

D’altra parte, chi è contrario a ogni forma di difesa vive in un mondo di fantasia.

Una nazione senza difesa è come una casa senza porte, dove, prima o poi, qualcuno entra.

Il problema è che oggi l’Europa non è una casa, ma un quartiere dove ognuno fa ciò che vuole. Non ci sono politiche interne comuni. Non c’è una politica estera comune.

E abbiamo dozzine di eserciti, ognuno con le sue armi, i suoi generali, le sue spese e le sue inefficienze che creano caos e inefficacia.

Non a caso, lo studio dell’Università Cattolica dimostra che l’Europa spende il 58% più della Russia per la difesa. (Fonte in fondo all’articolo)

L’ESERCITO EUROPEO SERVE, MA SOLO SE PRIMA SI FA UNA PATRIA

L’idea di un esercito europeo non è sbagliata di per sé.

Ma prima di parlare di armi, dovremmo parlare di unione.

Perché un cittadino italiano dovrebbe rischiare la vita per difendere Bucarest o Praga?

Perché uno spagnolo dovrebbe combattere per Berlino o Bruxelles?

Senza un’Europa dei popoli, senza un’identità comune, un esercito europeo è solo un’astrazione. O uno strumento emergenziale per raccattare fondi per altri scopi.

Come l’emergenza sanitaria e quella ambientale. – A proposito, il pianeta è guarito? Non ci sono più problemi con le emissioni tanto da passare dall’auto elettrica alla produzione di carri armati a gasolio?

E qui arriviamo al punto cruciale: l’Europa oggi è una dittatura mascherata da democrazia.

Un’istituzione che si comporta in modo autocratico, ignorando il volere dei cittadini. Contraria agli esiti delle ultime elezioni in Francia, Germania, Romania, Austria.

I sondaggi dicono che la maggioranza degli europei è contraria alle politiche guerrafondaie, eppure i nostri leader continuano a spingere per il riarmo. Perché? Perché l’Europa oggi è nelle mani della finanza, delle banche e dei poteri forti.

E l’emergenza attuale è salvare il culo all’economia tedesca che è al tappeto, perciò Berlino ha un disperato bisogno di convertire le sue industrie automobilistiche in fabbriche per carri armati e missili.

Così come Macron ha un disperato bisogno di parlare di emergenze esterne perché in Francia i francesi lo hanno polverizzato alle ultime elezioni.

L’EUROPA DEI POPOLI: UN SOGNO LONTANO

Il Manifesto di Ventotene parlava di un’Europa libera, unita e pacifica. Benigni lo avrà dimenticato o non lo avrà capito?

Oggi invece abbiamo un’Europa divisa, militarizzata e sottomessa agli interessi economici.

L’austerity è stata la nostra Bibbia per anni, ma ora che il sistema è al collasso ci dicono di fare debiti per comprare armi. Non per la sanità, non per l’istruzione, non per le pensioni. Per le armi. Per creare morti e riempire i cimiteri.

Beh, almeno i titolari di agenzie funebri ringraziano. Ammesso che abbiano più di 46 anni e non abbiano figli.

E mentre gli autocrati al potere non fanno nemmeno mistero di voler rapinare i nostri risparmi per finanziare questa follia, ci viene propinata l’idea dell’euro digitale e dell’eliminazione del contante.

Non per combattere l’evasione – che, per mille motivi, un attimo dopo la sua scomparsa, le economie di diversi paesi crollerebbero a picco e i prezzi schizzerebbero alle stelle – ma per controllare i nostri soldi e usarli a piacimento.

Soprattutto, per evitare le corse agli sportelli e poter rapinare quattrini con un clic.

Perché in un’Europa che non ascolta i suoi cittadini, il potere deve essere assoluto.

LA PACE: UN’UTOPIA O UNA NECESSITÀ?

Il paradosso è che oggi chi critica Trump perché vuole la pace in Ucraina è lo stesso che tace davanti alle strette di mano con Netanyahu, un criminale di guerra e assassino di almeno 50.000 vittime innocenti.

Ciò dimostra quanto all’Europa importi dei popoli quanto del meteo su Saturno.

L’Europa oggi è un progetto fallito, un’istituzione che ha perso di vista i suoi valori fondanti.

E allora, cosa fare? Bisogna tornare alle radici. Costruire un’Europa dei popoli, un’Europa che sia una patria per tutti i cittadini.

Un’Europa che investa nella pace, nella cultura, nel dialogo e nella diplomazia. Con politici veri e non con direttori di banca capaci di fare politica con la calcolatrice in mano e con i contratti per erogare mutui al miglior offerente e non a chi ha bisogno.

Perché gli stati non sono aziende dove si tende a fare soldi e chi non produce è un costo da recidere, ma entità che devono cancellare differenze e aiutare chi ha bisogno.

Perché solo un’Europa unita e pacifica può essere davvero forte.

Allora, e solo allora, si potrà creare un esercito che difenda quella Europa.

Non oggi, dove un bergamasco e un siciliano sarebbero costretti a difenderla quando impone loro di macerare arance, gettare via latte o uccidere animali e dà in cambio tappi di plastica che non si staccano, sanzioni e burocrazia peggiore di quella italiana.

L’EUROPA CHE VOGLIAMO

L’Europa che vogliamo non è un’Europa militarizzata, ma un’Europa che creda nella pace e nella cooperazione. Un’Europa che ascolti i suoi cittadini, che investe nel futuro e non nella guerra.

Un’Europa che sia un faro di civiltà in un mondo sempre più caotico.

Perché, come diceva Altiero Spinelli, “la via da percorrere non è facile, ma è chiara.”

E questa via non passa attraverso il riarmo, ma attraverso l’unione, la cultura e la pace.

Non passa attraverso burocrati del rigore o del debito a secondo degli interessi personali, di amici e lobby, ma attraverso la visione matura e aulica di politici di spessore.

Non passa attraverso piani megalomani a debito per creare morti e distruzioni, ma attraverso politiche distensive in cui si armi la comunicazione e si cancelli la propaganda, privilegiando chi fa informazione e cancellando chi inventa panzane.

Solo così potremo costruire un’Europa degna di questo nome.

Anche con un esercito che, allora, sarà pronto a morire in battaglia contro qualunque aggressore pur di difendere l’Europa democratica e dei popoli, fondata sugli uomini e le donne e non sulle lobby e sulla finanza.

FONTI: (QUI)

LEGGI I PRIMI CAPITOLI DI “LE MENTI INVISIBILI”

Le Menti Invisibili, è il nuovo romanzo di Pasquale Di Matteo

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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