«Meglio iscriversi a una scuola che ti dia un lavoro.»
Chissà quante volte hai sentito o detto tu stesso questa cialtroneria.
Perché cialtroneria? Beh, perché è la causa numero uno degli attuali problemi dell’Occidente. E cercherò di spiegare perché in questo articolo.
La società occidentale sembra lanciata a folle velocità verso l’involuzione.
Nonostante disponiamo di tecnologie e risorse senza precedenti, stiamo regredendo a una condizione culturale e morale non dissimile da quella di un secolo fa.
Questo declino non è fisico, ma intellettuale e valoriale. Un’inversione della scala delle priorità, iniziata dagli anni Novanta del secolo scorso, che ha trasformato l’istruzione da strumento di emancipazione a mero veicolo per l’occupazione, svuotando il significato stesso della cultura come motore di progresso sociale.
DALLA CULTURA AL LAVORO: UN CAMBIO DI PARADIGMA DEVASTANTE
I nostri nonni, reduci dagli orrori delle due guerre mondiali, riconoscevano nello studio l’antidoto all’ignoranza che aveva permesso ai regimi totalitari di manipolare le masse, perciò si spaccavano la schiena perché i nostri padri studiassero.
Filosofia, storia, diritto e sociologia non erano discipline astratte, ma strumenti per costruire una società più equa e capace di analisi critica.
Dagli anni Novata, però, l’Europa – soprattutto l’Italia – ha abbracciato un modello educativo professionalizzante, orientato a produrre manodopera specializzata anziché cittadini consapevoli.
Le scuole tecniche e i corsi professionalizzanti hanno garantito posti di lavoro immediati, ma hanno anche privato intere generazioni degli strumenti per decifrare la complessità del mondo.
«Perché con la filosofia non si fanno soldi» diceva più di qualcuno.
L’ANALFABETISMO FUNZIONALE E LE SUE CONSEGUENZE
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: una popolazione ancora convinta che in Ucraina vi siano un aggressore e un aggredito, incapace di interpretare eventi come la guerra – dalle radici storiche nel Donbass alle dinamiche geopolitiche globali, fino alle trame del Progetto per un Nuovo Secolo Americano – così come è incapace di riconoscere un contratto lavorativo illegale senza un avvocato.
Senza basi di filosofia politica, diritto, sociologia e storia, le masse diventano facili prede di narrazioni semplicistiche, fake news della propaganda – come pale, microchip e sanzioni dirompenti – e decisioni autoritarie.
Durante la pandemia, ad esempio, la mancanza di strumenti critici ha reso impossibile per molti distinguere tra misure di sanità pubblica e derive autoritarie, convinti che i green pass servissero a salvare vite e che bere il caffè in piedi o seduti – ma a seconda dell’ora – fosse sanità mentale.
IL CULTO DELL’APPARENZA E LA MORTE DELL’IDEALE UMANISTICO
Parallelamente, la società ha sostituito l’ideale dell’individuo colto e riflessivo con un feticcio dell’apparire.
I modelli di riferimento non sono più pensatori o artisti, ma influencer che ostentano lusso e superficialità.
Una nota dichiarazione di un’influencer ha fatto scalpore, qualche mese fa: «Non sono una cessa che ha bisogno dell’università.»
Una frase che incarna questa deriva, per cui la cultura viene ridicolizzata, mentre il successo si misura in follower e conti in banca.
Un culto del materiale che cancella ogni aspirazione alla profondità, alimentando un circolo vizioso di ignoranza e consumismo per smascherare proprio la mancanza culturale.
Le stesse star della musica di un tempo erano pensatori che dividevano le masse e, talvolta, sconvolgevano persino la politica, mentre oggi sono dei viziati capricciosi che vestono tutti come sedicenni bimbiminkia e ragionano in maniera superficiale del nulla.
Quando ascoltavamo Senna e Prost, Socrates e Baggio, discutevano di filosofia e di società, mentre oggi, al di là di motori e cuffie alla moda, salvo eccezioni resta il deserto.
POLITICA E TECNOCRATISMO: LA DEMOCRAZIA IN PERICOLO
La politica, da parte sua, ha abbandonato i filosofi e gli intellettuali, figure un tempo cruciali per interpretare i bisogni sociali, preferendo affidarsi a economisti e manager.
Il risultato è che i governi sono stati, e sono tuttora, gestiti come consigli di amministrazione, dove l’efficienza economica prevale sulla giustizia sociale.
Le “emergenze” – clima, pandemia, guerra – diventano pretesti per bypassare i processi democratici, imponendo misure tecnocratiche che marginalizzano il dissenso. Perché chi non produce reddito è considerato un difetto sociale e un costo da recidere, non un cittadino con diritti.
LA BOMBA SOCIALE DELL’AUTOMAZIONE E IL FUTURO DEL LAVORO
L’ossessione per i percorsi professionalizzanti rivela inoltre una miopia tragica.
Entro pochi anni, robot e intelligenze artificiali sostituiranno gran parte dei lavori ripetitivi e tecnici: operai, impiegati, corrieri, autisti, cassieri, segretari…
Gli studenti formati oggi in questi ambiti rischiano di trovarsi disoccupati, senza competenze trasversali per reinventarsi.
Perché senza cultura umanistica, non solo saranno esclusi dal mercato del lavoro, ma mancheranno degli strumenti basilari per comprendere, mettere in discussione e contestare le dinamiche che li hanno emarginati.
L’UNICA EMERGENZA IN EUROPA? LA NECESSITÀ DI TORNARE ALLA CULTURA COME FONDAMENTO
L’unica via per evitare il collasso è ripristinare il primato degli studi umanistici.
Filosofia, storia e sociologia non sono “inutili” e nemmeno materie con cui “non si fanno soldi”, ma strumenti indispensabili per formare cittadini capaci di pensiero critico, di resistere alla manipolazione delle propagande e dei dispotismi, di lottare per una società giusta.
Le scuole devono tornare a essere palestre di democrazia, non fabbriche di lavoratori.
Solo così si potrà evitare che le masse seguano acriticamente chi oggi narra di una Russia potente a tal punto da invadere l’Europa, quando, per tre anni, l’ha dipinta come una nazione allo sbaraglio, con l’economia a pezzi e un esercito di scappati di casa senza armi.
EVOLUZIONE O INVOLUZIONE? LA SCELTA È ORA
La posta in gioco è la sopravvivenza stessa del progetto illuminista europeo.
Senza cultura, torneremo a essere tribù guidate da istinti e paure, – come già stiamo diventando in questi ultimissimi anni – non comunità fondate su ragione e solidarietà.
Servono politiche che incentivino gli studi umanistici, media che promuovano modelli di successo alternativi al lusso, scuole che insegnino a pensare, ad avere dubbi e a criticare, non solo a produrre.
Il treno dell’evoluzione è ancora in movimento, ma per salirvi dobbiamo avere il coraggio di abbandonare il falso mito del progresso senza coscienza.
E no, «scegliere una scuola che dia un lavoro» non è da saggi, ma la spinta a tuo figlio per un futuro pessimo.
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