IL CROLLO DEI QUOTIDIANI E L’ESPLOSIONE DEI CANALI TV. COME IL BUSINESS DELLA DISINFORMAZIONE HA CREATO UNA GENERAZIONE DI “ESPERTI” A PAGAMENTO

Se c’è una lezione che insegna lo studio delle Scienze della Comunicazione è che il potere non sta solo nel controllare l’informazione, ma nel decidere chi ha il diritto di parlare.

E oggi siamo di fronte a un capolavoro di distorsione mediatica che farebbe arrossire persino Goebbels.

UN TEMPO, I GIORNALI VENIVANO LETTI. LA TV ERA UNA PREROGATIVA DI POCHI. E GLI ESPERTI? QUELLI ERANO VERI.

Negli anni ’90, aprire un quotidiano significava affidarsi a firme che avevano speso decenni a studiare un tema. In TV, i talk show invitavano professori, ricercatori, avvocati: persone che parlavano perché sapevano ed erano tra i massimi esperti del tema trattato.

Gli sponsor erano le marche del detersivo, dell’automobile, del divano che finanziavano programmi acquistando spot, ma senza avere alcuna voce nella decisione dei contenuti.

Era un sistema non perfetto, ma dove la credibilità si comprava con la competenza, non con il portafoglio.

Oggi, invece, abbiamo centinaia di canali TV e una manciata di quotidiani agonizzanti. E non è colpa dell’online, ma proprio di crollo di lettori.

E i grandi ascolti in tv? Quelli, ormai, sono riservati a pochissimi eventi, come al calcio e a Sanremo.

Perciò, da un lato, l’esplosione di centinaia di nuovi canali televisivi ha spalmato i pubblici su più emittenti, dall’altro si acquistano sempre meno quotidiani. Condizione perfetta per il controllo delle idee. Come? Vediamolo insieme.

GLI SPONSOR NON PAGANO PIÙ. ORA SONO GLI “ESPERTI” STESSI A COMPRARSI IL PALCOSCENICO

Con i ricavi pubblicitari in frantumi, perché i marchi spalmano le pubblicità su più canali per raggiungere gli stessi pubblici di prima, TV e giornali hanno dovuto inventarsi un nuovo business: vendere spazio a chiunque possa pagare.

Medici, avvocati, consulenti finanziari?

Non importa se siano dei geni o dei ciarlatani. L’importante è che versino migliaia di euro per una pagina sul giornale o un “invito” in trasmissione. Così, l’esperto non è più chi sa, ma chi paga.

A conferma di ciò che ho appena scritto, ricevo in media tre mail a settimana di quotidiani, tv e agenzie che mi spiegano come potrei raggiungere un ampio pubblico pagando 3000 euro per una pagina o a partire da 1000 euro un’ospitata in tv, a seconda della fascia oraria.

E le masse?

Beate, continuano a credere che un volto invitato continuamente in TV sia sinonimo di autorevolezza. Ignare che quel tizio che pontifica sul vaccino, sulla guerra o sul debito pubblico non è un luminare, ma è lo sponsor del programma.

Un po’ come credere che l’imbonitore del mercato sia un premio Nobel perché grida più forte.

IL CONTRADDITTORIO? UNA FINZIONE. IL DIBATTITO? UN MONOLOGO

Il vero dramma è la morte del confronto.

D’altronde, immaginate un talk show che inviti due professionisti, entrambi esperti del tema trattato. Tuttavia, uno ha pagato per esserci, l’altro no ed è stato davvero invitato. Secondo voi, il conduttore darà ragione al professionista che ha pagato o all’altro?

Mai e poi mai rischierebbe di far volare via lo sponsor.

Meglio annuire, sorridere, e trasformare il dibattito in una pubblicità mascherata di chi paga. E, di conseguenza, vengono veicolate affermazioni e idee che potrebbero essere false, sbagliate e persino nefaste, solo perché si tratta di affermazioni e idee di chi tiene in piedi la trasmissione.

Risultato di questo stato di cose?

L’opinione pubblica è bombardata da monoliti di falsità, dove chi dissente viene silenziato o ridicolizzato perché non paga e perderlo non è un problema.

E se osate chiedere chi sia quell’esperto che non manca una sola puntata, la risposta è sempre la stessa: “È un esperto, l’hanno invitato in TV! Perciò lui è davvero bravo. Se l’altro fosse stato altrettanto capace, lo avrebbero invitato ancora, invece…”

Invece è proprio quello che non invitano più quello davvero capace. L’altro è lì perché paga.

È come affermare che Berlusconi era un filosofo solo perché aveva le tv da cui pontificare senza contraddittorio.

LA SOCIETÀ DELLO SPETTACOLO HA SUPERATO SE STESSA: ORA SIAMO NELL’ERA DELLA COMPRAVENDITA DEL SAPERE.

Baudrillard parlava di simulacri, ma nemmeno lui avrebbe immaginato che il simulacro sarebbe diventato il formatore stesso della realtà. I nuovi “esperti” non rappresentano la conoscenza, non necessariamente. Ma la sostituiscono.

E i media, invece di essere custodi del dibattito democratico, sono diventati bazar della disinformazione, dove la verità si misura in euro al minuto. E la verità deve sperare che chi paga sia all’altezza e non un ciarlatano.

COME DIFENDERSI? SEMPLICE: SMETTETE DI CREDERE.

Iniziate a dubitare di chi è invitato spesso e si esprime sempre con la stessa sicurezza da venditore di aspirapolveri.

Cercate fonti diverse e alternative, incrociate i dati, chiedetevi chi ci guadagna con un vaccino, con una guerra, con una scelta politica…

Perché in un mondo dove l’esperto è chi paga, l’unica competenza che tutti dovremmo sviluppare è quella di riconoscere la menzogna.

E ricordate che, se un tempo la TV e i giornali erano specchi della realtà, oggi sono specchietti per le allodole e tutti i programmi che vedete non sono altro che un’immensa pubblicità.

Non vi dicono più solo quale auto acquistare o quale detersivo smacchia meglio, ma vi dicono cosa pensare e cosa, invece, è un cattivo pensiero.

E la differenza tra noi umani e le allodole è che loro volano libere e non pagano. Né per volare, né per ingannare gli altri.

La prossima volta che vedrete un volto familiare in TV, ponetevi questa domanda: «è lì solo perché davvero esperto o perché ha pagato il suo spazio?»

Non vi cambierà la vita, ma, almeno, prenderete le affermazioni della tv o del tizio sul quotidiano con le dovute cautele.

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Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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