COME GESTIRE UN INTERLOCUTORE ARRABBIATO

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Sono diversi gli approcci comunicativi che possono essere messi in atto per relazionarci agli altri in tutti gli ambiti del vivere, ma pochi sono efficaci davvero quando l’interlocutore è arrabbiato o persino aggressivo.

di Pasquale Di Matteo

COME GESTIRE UN INTERLOCUTORE ARRABBIATO: CERCARE DI EVITARE CHE CAPITI

Prima di affrontare di petto un interlocutore arrabbiato e/o aggressivo, meglio capire come evitare che ciò capiti.

L’empatia è la capacità di vivere le emozioni dell’altro, calandoci nei suoi panni.

L’empatia è regolata dai neuroni specchio, sui quali si studia da anni per comprendere i meccanismi dell’autismo, che pare sia causato proprio da un malfunzionamento di questi neuroni. (Per approfondire sui neuroni specchio, clicca sul link seguente: https://lamenteemeravigliosa.it/neuroni-specchio-ed-empatia-connessione/)

Comunicare con un approccio empatico significa non giudicare, ma calarsi nel punto di vista dell’altro.

Ciò non è solo dimostrazione di educazione e buonsenso, ma può davvero trasformare un conflitto in un’opportunità.

Ma per usare l’empatia come un’arma è indispensabile saper ascoltare.

L’ascolto è la più grande abilità di un ottimo comunicatore.

Ascoltare l’altro ti permette di costruire una relazione, di immedesimarti nelle sue prospettive, fino a scoprire i punti in comune.

Saper ascoltare non significa solo restare in silenzio mentre l’altro parla, ma porre domande per comprendere meglio una situazione.

Per esempio, tentare un approccio con “se non sbaglio…” è un buon inizio.

Una volta colto il punto di vista dell’interlocutore, l’abilità sta nel trovare parole comuni con cui prendere in esame il problema, ma tenendo conto del punto di vista altrui, per cercare elementi comuni o che possono diventare tali.

Ascoltare in maniera empatica non significa approvare ogni cosa, ma saper comprendere in maniera piena le esigenze dell’altro.

Purtroppo, oggi siamo bombardati da tante immagini, parole e soluzioni per ogni ambito del vivere, ma siamo disabituati ad ascoltare, se non per controbattere.

Ascoltare non implica apprendere come automi tutto ciò che ci viene detto, ma vuol dire comprendere le emozioni che stanno dietro alle parole, ai discorsi, alle idee.

COME GESTIRE UN INTERLOCUTORE ARRABBIATO: LE REGOLE DELL’EMPATIA

1 Bisogna ascoltare tutto il discorso prima di decodificare il messaggio.

2 Prima di classificare il punto di vista, è necessario percepire tutti i sentimenti e le sensazioni che muovono le istanze dell’interlocutore.

3 Una volta individuati ostacoli alla comunicazione, bisogna rimuoverli, per incoraggiare il dialogo.

4 Il controllo visivo è importante e va modulato con competenza, fissando l’altro negli occhi in determinati momenti e guardando altrove in altri.

5 L’intonazione della voce è un’arma e va utilizzata con cura.

6 Per ascoltare è importante porre domande dirette.

COME GESTIRE UN INTERLOCUTORE ARRABBIATO: SPIEGAZIONE

1 La regola numero 1 dice che bisogna ascoltare prima di decodificare il messaggio. Emettere sentenze dopo poche frasi, infatti, potrebbe tralasciare elementi importanti che potrebbero cambiare persino il senso di quanto da noi percepito. E ciò produrrebbe danni relazionali.

Quante relazioni, affettive e lavorative in primis, si sono inasprite a causa di incomprensioni?

2 Allo stesso modo, la regola numero due invita a comprendere prima le emozioni, le sensazioni e i bisogni che spingono l’altro a comunicare un disagio, un’idea, una proposta…

Comprendere gli stati d’animo significa capirne le ragioni.

Nelle medesime situazioni, non siamo tutti uguali. Un collega che fa battute inopportune potrebbe disturbare qualcuno e altri no; utilizzare una comunicazione dominante nei confronti di un sottoposto può non dare fastidio ad alcuni ed essere motivo di disagio per altri, che potrebbero licenziarsi quando meno te l’aspetti.

“Non siamo tutti uguali” è un imperativo che qualunque buon comunicatore ha ben presente.

3 Individuare gli ostacoli e rimuoverli, come sostiene la regola numero tre, è forse il segreto che sta alla base dei rapporti umani.

Mi capita spesso di sentire imprenditori e manager sostenere che c’è una linea da seguire e i dipendenti devono adeguarsi.

“Farà anche lui come fanno tutti” quante volte vi è capitato di sentire tale eresia comunicativa?

Un metodo che si fonda su questa affermazione è il più efficace e rapido se l’intenzione è fallire. Funzionava nel secolo scorso, quando le persone erano meno istruite e più ignoranti sui diritti, ma oggi è la via più rapida per chiudere un’attività.

Quel “come fanno tutti” implica che chi si esprime in tali termini non soltanto non capisce nulla di comunicazione, ma lascia trasparire una preoccupante ignoranza della vita stessa.

Non siamo tutti uguali! Mi ripeto, ma è fondamentale che lo si capisca.

Uno stesso approccio con tutti i sottoposti è indice di ignoranza relazionale.

Ogni persona ha esigenze emotive uniche e la capacità di un capo non è solo quella di comprare un portafogli più capiente per contenere lo stipendio più alto in virtù del ruolo, ma è soprattutto dimostrare che il ruolo di responsabilità sia adeguato alle sue competenze.

Saper comunicare con empatia è la base indispensabile che chiunque abbia ruoli di responsabilità che prevedano sottoposti deve avere. Non esistono deroghe.

Se una persona non ha capacità empatiche, nella vita potrà fare di tutto, ma mai il responsabile di qualcosa, se non in maniera pessima.

Durante una diatriba, un conflitto, la capacità di un capo sta nel sollevare ogni ostacolo per stabilire una corretta comunicazione. E se un diverbio si conclude in un nulla di fatto, è I N D I S P E N S A B I L E riallacciare i rapporti dopo qualche ora, massimo il giorno dopo.

Se noterai cambiamenti di umore in un sottoposto, DEVI trovare il modo di confrontarti con lui e chiedere.

Mai iniziare periodi di lunghi silenzi, a meno che il tuo intento non sia quello di perdere quella persona.

E che si tratti di un legame affettivo o di un dipendente, a rimetterci potresti essere tu.

4 La regola 4 è un principio psicologico importante. Gli occhi sono lo specchio della nostra anima e comunicano senza proferire parola.

Quando una frase è importante, vanno infilati in quelli dell’interlocutore, mentre quando cerchi ispirazione, termini appropriati o collegamenti, puoi spaziare sull’ambiente circostante.

Anzi, un buon comunicatore dosa le occhiate agli occhi dell’interlocutore alla visuale più generale.

5 La regola 5 è un altro elemento che stabilisce immediatamente se abbiamo di fronte un buon comunicatore o una persona che farebbe meglio a darsi ad altro.

Chi non sa modulare la voce, cambiare tono, essere incisivo e mai monotono non è un comunicatore capace.

La voce può catturare l’attenzione di chi si è distratto, lega le persone ai tuoi ragionamenti, ma, se sei troppo teatrale, rischi di ottenere un effetto opposto.

Perciò tale capacità è più innata che acquisita. Tuttavia, se non hai la fortuna di saper intonare con competenza, devi lavorarci su.

6 La regola 6 si collega a tutte le altre.

Soprattutto dopo un litigio o un confronto duro, le domande giuste sono quelle che aprono i varchi nell’altro.

Infatti, se una persona si sente offesa ed è profondamente arrabbiata potrebbe non rispondere nemmeno alle tue domande.

Ma tu sai che non si può non comunicare, perciò, l’interlocutore non risponderà a voce, ma la mimica facciale, l’atteggiamento, la posizione del corpo… ti diranno ciò che vuoi sapere.

E se l’atteggiamento ti fa esasperare perché tu al suo posto non faresti così, te lo ripeto ancora: NON SIAMO TUTTI UGUALI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

COME GESTIRE UN INTERLOCUTORE ARRABBIATO: IL CASO SPECIFICO

Per prima cosa, mai usare muri contro la rabbia.

Una persona che parla con aggressività e rabbia va lasciata parlare.

Osservalo con attenzione, senza mostrare tentennamenti, ma nemmeno con espressioni minacciose.

Devi saper svincolare l’emozione “rabbia” dal contesto e dal problema su cui vertono le parole dell’interlocutore arrabbiato.

Una scelta diversa, soprattutto quella di gonfiare il petto e alzare la voce, può portare alle mani. Cosa che finirebbe con il mettere in torto tutti.

Una volta appresi tutti gli elementi del problema sollevato dall’arrabbiato, puoi porre domande specifiche: chi? Cosa? Dove? Quando…?

Indispensabile è tenere a mente che una persona arrabbiata è esasperata da una situazione che non sopporta più. Esige un cambiamento.

Quindi è indispensabile proporre una prospettiva diversa da quanto avviene e un futuro in cui le istanze dell’interlocutore potranno essere recepite, in toto o in parte.

Se invece volessi perdere la persona, e anche tanti altri dipendenti legati a quella figura, potresti lasciarti guidare dal tuo orgoglio e gonfiare il petto.

Potresti alzare la voce più dell’arrabbiato e far valere il tuo ruolo.

“Non permetterti di…”, “Non tollero che…” e altre frasi da ducetto sarebbero la ciliegina sulla torta.

Se, nella migliore delle ipotesi, non si arrivasse alle mani, vinceresti senza problemi in virtù del tuo ruolo, ma stai sicuro che nel giro di qualche mese vedresti un’emorragia di licenziamenti.

Se invece si arrivasse alle mani, mi auguro che tu abbia competenze del corpo a corpo che non contino solo su qualche scemenza hollywoodiana o sul tuo fisico prestante, inoltre spero tu abbia un buon avvocato.

COME GESTIRE UN INTERLOCUTORE ARRABBIATO: SE L’ALTRO È AGGRESSIVO?

Nel caso in cui l’interlocutore fosse offensivo e minaccioso, dovrai cambiare strategia.

Per prima cosa, con voce ferma e fare risoluto devi chiedere di moderare il linguaggio e di parlare in maniera civile.

Offriti disponibile a sederti in torno a un tavolo per risolvere il problema sollevato.

Se l’altro non si placa, chiedigli di ripeterti in modo civile quanto ha detto perché non hai capito niente.

Il più delle volte, non sarà capace di ripetere niente, in quanto talmente preso dalla foga da non aver capito neppure lui qualcosa.

Se ancora non si placa, puoi invitarlo ad accomodarsi e destabilizzarlo con una frase che in genere funziona sempre: “lo prendi un caffè prima di andare avanti?”

Nel 99% dei casi, arrivati a questo punto, l’interlocutore si è placato.

Se ancora non funzionasse, saresti di fronte a una persona con qualche problema psichico.

Minaccia di chiamare le forze dell’ordine. Se ancora non desiste, esci dalla stanza e chiama i Carabinieri.

COME GESTIRE UN INTERLOCUTORE ARRABBIATO: CONCLUSIONI

Gestire le relazioni lavorative e non è complicato, non tanto per la comunicazione verbale, che è più semplice da gestire poiché nasce dalla razionalità, ma per quanto concerne l’ambito paraverbale, che è gestito dall’inconscio.

Un buon comunicatore, soprattutto chi ha ruoli di comando, non può permettersi di non padroneggiare le tecniche di comunicazione, comprese quelle paraverbali.

Saper controllare le espressioni facciali, i sorrisi, la postura, la posizione dei piedi e del corpo nello spazio è elemento che sta alla base delle competenze di chiunque voglia ricoprire ruoli manageriale e/o relazionali.

L’empatia è una delle armi da imparare a padroneggiare al meglio poiché evita di arrivare a situazioni esasperate, in cui prevale la rabbia.

Perché, salvo situazioni patologiche, quando ci trova di fronte a un interlocutore arrabbiato, le cause derivano sempre dalla cattiva gestione comunicativa con questa persona nel passato.

Le persone accumulano ciò che non piace e, prima o poi, sbottano.

Saper comunicare non è solo gestire l’esplosione dell’arrabbiato, ma evitare sul nascere l’accumulo di elementi negativi che portano alla rabbia.

Perciò, bisogna comunicare costantemente con i sottoposti. Anche quando tutto va bene.

Una mano sulla spalla, un elogio per un lavoro ben fatto, gratificano e ti fanno sentire amichevole. Tutte situazioni che stemperano sul nascere eventuali situazioni di disagio.

Al contrario, pensare che tutto sia dovuto, far finta di nulla se non quando bisogna far presente un errore, invece, alimenta i disagi.

Bisogna saper tenere vive le relazioni.

Per farlo c’è un solo segreto: conoscere i segreti della comunicazione e dell’empatia.

Ah… qualora te ne fossi già dimenticato, ti ricordo che NON SIAMO TUTTI UGUALI!

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Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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