IL TEATRO DELL’ASSURDO
Mentre Donald Trump e Vladimir Putin discutono di confini, gasdotti e “deals” su Marte, Volodymyr Zelensky aspetta al telefono, come un innamorato tradito. E aspetta invano.
Le trattative USA-Russia sulla guerra in Ucraina somigliano sempre più a un poker tra due scommettitori cinici, dove il presidente ucraino è ridotto a comparsa e l’Europa a spettatore con il binocolo.
Due anni di sanzioni, armi e retorica guerrafondaia hanno prodotto solo centinaia di migliaia di morti e di invalidi, un’Ucraina devastata he, di fatto, non esiste più, e una Russia politicamente vincitrice e che, anche sotto il profilo militare, ha mostrato armi in grado di far venire i brividi anche agli esperti della NATO più esaltati.
L’Europa?
Divisa, impotente, costretta a finanziare l’industria bellica americana. E l’Italia? Un personaggio in cerca di autore, confinato nel ruolo di “membro non in grado di disturbare il manovratore”. Un passo indietro di decenni delle nostre relazioni internazionali.
TRUMP E PUTIN: IL PATTO TRA CINICI
Il loro rapporto è una danza di interessi reciproci.
Trump, pragmatico fino alla spregiudicatezza, vede in Putin un interlocutore che “sa come si fanno gli affari”.
Perché, per loro, la politica è quello.
Putin, dal canto suo, preferisce un avversario che negozi su cifre e che sia disposto a cedere qualcosa per avere altro in cambio, non sull’appiattimento alle regole dell’imperialismo americano.
A differenza dei leader europei – impantanati tra proteste sociali, elezioni perse e sondaggi in picchiata – Trump può permettersi di ignorare il politicamente corretto.
Il suo gioco è fatto di sanzioni bilaterali, dazi, pressioni per abbassare i prezzi del gas.
Zelensky, intanto, è intrappolato nel suo stesso decreto da dittatura, che vieta i negoziati con Mosca.
Ironia della sorte, l’eroe globale del 2022 oggi è un leader isolato, sempre più solo, con un consenso interno sotto il 20%. Un “dittatore”, come lo definiscono i suoi critici, in attesa che qualcuno gli dia il colpo di grazia.
Nell’augurio che non sia al polonio o di piombo.
I POSSIBILI TERMINI DELL’ACCORDO: NEUTRALITÀ IN CAMBIO DI PACE
Sul tavolo ci sono tre parole chiave: neutralità, sanzioni, confini. Beh, sì… è quanto chiedeva Putin prima di intervenire militarmente.
Chissà quanti giovani si sarebbero salvati se, invece di sprovveduti, l’Occidente avesse potuto contare su politici di ampio respiro e non su omuncoli insignificanti e proni ai capricci dell’espansionismo americano.
Mosca chiede il blocco dell’allargamento NATO, il riconoscimento delle annessioni (Crimea, Donbass) e un’Ucraina smilitarizzata. Le richieste del 2022, insomma.
E, visto quanto accade sui campi di battaglia, le richieste potevano essere maggiori.
Washington valuta il prezzo da pagare: cedere troppo a Putin significherebbe legittimare l’uso della forza e ammettere la disfatta militare, ma prolungare il conflitto rischia di esporre la debolezza militare della NATO anche a quelli ancora convinti che la Russia non abbia vinto la guerra.
Perché Putin, è chiaro, non teme un’escalation: le sue armi ipersoniche e il controllo del gas rendono la terza guerra mondiale un optional troppo costoso per l’Occidente e fattibile per Mosca.
Mentre l’Europa continua a versare miliardi in armi, sperando che qualcuno noti il suo zelo.
L’UCRAINA: UNO SPETTATORE IRRITATO, MA INSIGNIFICANTE
«Senza di noi, nulla su di noi», urla Kiev.
Ma le sue proteste suonano come monologhi in una stanza vuota.
Zelensky, un tempo star dei social, dei talk show e sui poster appesi nelle camere di qualche politico guerrafondaio, scopre l’amara verità, cioè si sta rendendo conto di essere stato un pupazzo degli Stati Uniti e che ora ha una data di scadenza su cui è iniziato il conto alla rovescia.
Gli alleati sono distratti. L’Europa è divisa tra chi vuole “vittoria a ogni costo” e chi sogna di riaprire i rubinetti del gas russo perché si è accorto che le alternative sono lacrime e sangue.
Intanto, i soldati ucraini muoiono per richieste che, alla fine, saranno soddisfatte. Solo che si poteva risolvere tutto tre anni fa, se invece di pazzi alla guida dell’Occidente ci fossero stati individui con più sale in zucca.
L’EUROPA: UN CONTINENTE A MARGINE
Unione Europea, due termini che suonano come un ossimoro.
La politica estera UE è un puzzle di interessi contrastanti: la Polonia chiede carri armati; la Germania teme per le fabbriche; la Francia sogna un esercito europeo (ma solo se comandato da Parigi).
La crisi energetica ha reso chiaro chi comanda: chi ha le materie prime nel sottosuolo detta le regole.
E mentre Trump esige un aumento della spesa militare, l’Europa obbedisce, trasformando i suoi bilanci in un bonifico all’industria bellica USA, trasformandosi da culla degli imperi a un continente impoverito, dipendente e strategicamente irrilevante.
L’ITALIA: UN PROTAGONISTA INVISIBILE
C’era una volta l’Italia, mediatrice culturale, ponte tra Est e Ovest.
Oggi è un fantasma.
L’allineamento acritico alle sanzioni anti-russe l’ha esclusa dai tavoli decisionali: Mosca la considera un vassallo, Washington un debitore perpetuo.
Un Paese senza una strategia che non sia quella di continuare a essere scendiletto dell’America.
La crisi economica, i governi instabili e l’assenza di una classe dirigente visionaria hanno ridotto il Belpaese a comprimario di se stesso. Persino la Libia, un tempo “cortile di casa”, è ora campo di battaglia per turchi e russi, mentre Roma si limita a contare i danni.
RISCHI DI UN ACCORDO BILATERALE: L’EUROPA NEL MIRINO
Se USA e Russia siglano un patto, l’Europa rischia di diventare la vittima collaterale.
Putin otterrebbe una zona d’influenza riconosciuta, Trump vantaggi economici immediati.
L’Ucraina? La vittima sacrificale.
L’Europa? Costretta a subire le conseguenze di un accordo neocoloniale, con il rischio di nuove divisioni (chi accetta il gas russo? chi no?) e un riarmo forzato. Intanto, l’Italia assiste, muta, alla sua stessa irrilevanza.
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI
La guerra in Ucraina ha dimostrato due verità scomode: la Russia non è stata sconfitta, l’Occidente non esiste.
L’Europa, incapace di difendere i propri interessi senza un manuale di istruzioni da Washington, ha scambiato la sovranità per retorica e pagherà le conseguenze di scelte politiche disastrose.
Zelensky, abbandonato al suo destino, impara sulla propria pelle che nell’imperialismo americano non ci sono amici, ma solo complici temporanei. Almeno fino a quando sono funzionali agli scopi dell’impero a stelle e strisce.
E l’Italia?
Fino a quando continuerà a credere che la geopolitica sia un optional, resterà seduta in platea, a ricordare che gli americani ci hanno liberati dal nazismo, pagando ogni mese la rata di un mutuo a cui manca ancora una data di scadenza.
Seduta, in silenzio, a guardare.
E a pagare il biglietto.
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