IL MISTERO DELLA MORTE DI LADY DIANA. UN’INDAGINE APPROFONDITA SUL TRAGICO INCIDENTE DEL 31 AGOSTO 1997

TRAGEDIA AL PONTE DELL’ALMA

È l’agosto del 1997.

Gli smartphone non sono ancora stati inventati e i primi telefoni cellulari cominciano ad affacciarsi nei negozi di elettronica, ma la loro diffusione non è endemica come oggi.

Internet è agli albori, un termine sconosciuto ai più, e si trascorre la coda dell’estate senza l’assillo di leggere l’ultimo post su Facebook o di dover caricare in Instagram la foto scattata in spiaggia, anche se il Tamagotchi è una mania inarrestabile che per tanti trascende buonsenso e logica.

Le radio martellano l’ennesimo successo delle Spice Girls e i bar sono saturi delle chiacchiere sul calciomercato e sulle ennesime prodezze di Michael Johnson ai mondiali di Atletica appena conclusi.

Ma quest’affresco storico di apparente normalità sta per essere squarciato da una notizia pazzesca.

Infatti, arriva una notizia esplosiva, quanto incredibile, che lascerà per ore milioni di persone incollate davanti ai TG.

Dalle 2.55 del 31 agosto in poi, i dispacci si susseguono incalzanti, con notizie frammentarie e inverosimili che raccontano gli ultimi istanti di vita della Principessa Diana.

“La Principessa Diana ha subito un incidente…”; “Lady Diana è grave…”; “Diana Spencer potrebbe essere morta…”

Fino alla certezza della sorte di Lady D: “la Principessa Diana è morta.”

Lady Diana, vittima di un incidente stradale, muore alle quattro del mattino di quel 31 agosto, a causa di un arresto cardiaco provocato dalle troppe lesioni interne.

Oltre a Diana Spencer, muoiono anche l’uomo che le stava seduto accanto, Dody Al-Fayed, rampollo della famiglia a capo dell’impero dei magazzini Harrods, e l’autista, Henri Paul.

Il mondo è sotto shock, anche perché la Principessa Diana era un’icona di generosità e bontà riconosciuta ovunque.

LADY DIANA SPENCER, LA VITA

Lady Diana Spencer era nata in una famiglia aristocratica, da sempre vicina alla Casa Reale britannica.

Il titolo di Lady le viene conferito nel 1975, alla morte del nonno paterno, quando il padre, Lord Edward John Spencer, diviene Conte.

Il 29 luglio 1981, la Principessa Diana sposa l’erede al trono d’Inghilterra, il Principe Carlo, nella cattedrale di St. Paul, inchiodando oltre 750 milioni di spettatori nel mondo davanti alle televisioni.

Ed è in questo giorno che comincia il mito d Diana Spencer, Lady D.

Tuttavia, dietro le quinte, i conflitti coniugali, l’infedeltà e le pressioni della vita reale si accumulano, mentre Diana cerca una normalità che sembra sfuggirle.

La separazione dal Principe Carlo nel 1996 segna un momento cruciale nella vita di Diana e il mondo si schiera in due fazioni: una a favore di Carlo e dell’anziana madre, la Regina Elisabetta II, l’altra con la Principessa Diana.

Rimasta con il titolo di Principessa del Galles, perde l’Altezza Reale ma guadagna una libertà che le consente di concentrarsi sulle cause umanitarie che le stanno a cuore e che tanto l’hanno fatta amare dall’Inghilterra e da buona parte del resto del mondo.

Al contrario di quanto forse era auspicio della regina, incline a riportare la Monarchia verso un modello più rigido e tradizionale di quello che la nuova principessa stava modellando, Diana non viene dimenticata dal popolo, anzi.

La sua influenza cresce, superando persino quella della Regina. Il carattere ribelle e il concetto di Monarchia più moderno di cui la Principessa Diana sembra farsi promotrice le fanno guadagnare consensi in tutta la Gran Bretagna.

Molte voci parlano di una Casa Reale indispettita a causa di questo protagonismo, che oscura perfino l’immagine della regina e relega dietro le quinte quella dell’erede al trono.

La Principessa Diana continua a presenziare a molti eventi mondani e, senza più le briglie del marito, ha ancora più tempo da dedicare alle diverse campagne umanitarie che la vedono protagonista in tutti gli angoli più disperati del mondo.

Il modello di Monarchia di Lady Diana, benché ella non sia più Altezza Reale, continua a guadagnare consensi tra i sudditi, che la considerano sempre più un’icona positiva, mentre la regina perde i favori del popolo.

IL GIORNO DELL’INCIDENTE IN CUI PERDE LA VITA LADY D

Quel 1997, vede Diana Spencer impegnata nella relazione con il miliardario Dodi Al-Fayed, anche se, secondo il maggiordomo della Principessa, questa storia d’amore non era altro che un capriccio della donna, che voleva far ingelosire il suo vero grande amore, il cardiochirurgo di origini pakistane, Hasnat Khan.

Sta di fatto che la donna e i suoi figli, William ed Henry, trascorrono qualche giorno di vacanza a bordo dello yacht di Dody Al-Fayed.

Rimasti soli, i due amanti decidono di fare tappa a Parigi, all’Hotel Ritz, di proprietà della famiglia del miliardario. Tuttavia, l’hotel è preso d’assalto dai fotografi e i due decidono di ripiegare in un’abitazione privata della famiglia Al-Fayed, a pochi minuti d’auto dal Ritz.

23 minuti dopo la mezzanotte, una Mercedes blindata imbocca il Tunnel sotto il Pont dell’Alma, lungo la Senna, cercando di tenere a bada i molti paparazzi che inseguono l’auto.

Alla guida c’è il vice responsabile della sicurezza del Ritz, Henri Paul, affiancato dalla guardia del corpo Rees-Jones. Sui sedili posteriori, ci sono Diana Spencer e Dody Al-Fayed.

Per motivi non ancora chiariti, l’auto va a sbattere contro il tredicesimo pilastro di sostegno del tunnel a una velocità di 105 chilometri orari.

L’autista, Henri Paul e Dody Al-Fayed muoiono sul colpo, mentre Lady D viene trasportata ancora agonizzante in ospedale, dove il suo cuore cessa di battere alle 4 del mattino.

Si salverà solo la guardia del corpo, Trevor Rees-Jones, il quale se la caverà con qualche frattura al cranio, ma non ricorderà mai nulla in merito all’incidente.

LE INDAGINI SULL’INCIDENTE NEL TUNNEL DELL’ALMA

L’incidente, avvenuto nel Tunnel dell’Alma, rimane avvolto dal mistero.

Le indagini ufficiali hanno concluso che l’incidente è stato causato dall’eccesso di velocità dell’auto guidata da Henri Paul, sotto l’effetto dell’alcol e delle sostanze stupefacenti. Tuttavia, restano i dubbi e le teorie del complotto che circondano la morte di Diana.

Alcuni suggeriscono che Diana fosse vittima di un complotto orchestrato dalla corona britannica, che vedeva il suo status e le sue attività umanitarie come una minaccia per il sistema esistente.

Altri puntano il dito verso il misterioso SOLDATO N, un membro delle forze speciali britanniche che avrebbe utilizzato una tattica di abbagliamento con un fucile per causare l’incidente.

Le prove si accumulano, tra foto misteriose scattate prima dell’impatto e testimonianze di testimoni oculari.

Anche l’ex agente dei servizi segreti Richard Tomlinson rivela un piano sperimentale di abbagliamento con un flash utilizzato dai servizi segreti.

Tuttavia, le indagini ufficiali trascurano queste prove, attribuendo l’incidente a una combinazione di alcol e stupefacenti nel sangue dell’autista.

LA MORTE DI LADY DIANA, COSA NON TORNA

Le repentine indagini porteranno a reperire sulla scena dell’incidente resti di un fanale e vernice bianca che saranno poi collegati a una Fiat. Stranamente, il proprietario, un paparazzo che si vantava con gli amici di aver fotografato la Principessa Diana ancora agonizzante nella Mercedes, farà riverniciare la vettura di un altro colore, prima di rivenderla in un lampo.

Quando, nel 2000, gli investigatori nominati da Al-Fayed padre scoprono che l’uomo è Jean Paul Andanson, si precipitano da lui, ma lo trovano arso vivo nella sua nuova auto, nella brughiera di Larzac, nel sud della Francia.

Non verranno mai ritrovate le chiavi della vettura, segno evidente di un omicidio, ma gli inquirenti sono di tutt’altro avviso. Per loro si tratta di suicidio.

Ma come ci è arrivato in auto senza chiavi?

Altra cosa che fa riflettere è il fatto che gli inquirenti indirizzino tutta l’attenzione dei media su altro, nella fattispecie sul referto dell’anamopatologo, secondo cui il tasso alcolemico del guidatore è tre volte superiore al limite consentito in Francia.

Come se non bastasse, nel sangue di Henri Paul circolavano tracce di sostanze stupefacenti e di medicine.

Perciò, il quadro risulta chiaro: Henri Paul, ubriaco, sotto l’effetto di stupefacenti e di medicinali quali il Prozac, uno squilibrato che si reggeva in piedi a fatica, insomma, si mette alla guida di un’auto.

Si lancia a folle velocità nel Tunnel dell’Alma dove, a causa di un impatto fortuito con la Fiat bianca, perde il controllo della Mercedes S280 e va a sbattere contro il pilastro.

Fatalità, dunque. Nessun complotto e nessun omicidio.

Caso chiuso.

E il fotografo arso vivo nella famosa auto bianca?

Ma sono molte altre le cose che non quadrano.

Analizziamole con raziocinio.

Per esempio, chi può credere che un hotel come il Ritz possa avere tra i propri responsabili della sicurezza un ubriacone, sotto cura con il Prozac e incline all’uso di stupefacenti?

Un uomo che, pochi minuti prima di mettersi alla guida della Mercedes, era stato immortalato da 31 delle 43 telecamere di sorveglianza dell’hotel per cui lavorava. In quei video, Henri Paul cammina e si muove senza alcuna difficoltà, si china persino per allacciarsi le scarpe e si rimette in piedi come nessun ubriaco avrebbe mai potuto.

Dai risultati dell’autopsia, nel sangue dell’autista vengono trovate anche tracce di monossido di carbonio, inalate dopo l’apertura dell’airbag, cosa impossibile visto che l’uomo risulta essere morto sul colpo.

Tuttavia, le indagini trascureranno anche questo dettaglio.

Mesi dopo, verrà fuori che la Mercedes S280 era di proprietà di una società di noleggio dell’Hotel Ritz, ma prima ancora era stata rubata e ritrovata distrutta.

Lo sfasciacarrozze incaricato di demolirla decise di sistemarla e rivenderla alla Etoiles Limousine, la società di autonoleggio del Ritz di Parigi.

Secondo quanto confermato da un altro autista della società, la macchina non era idonea alla circolazione perché il mezzo non riusciva a tenere la velocità e a frenare e la cosa era risaputa da tutti.

“Nessuno di noi avrebbe superato gli 80 kmh, perché l’auto semplicemente non teneva la strada…” confermeranno gli altri autisti dell’hotel.

Quindi, le immagini dimostrano che Paul era sobrio e vigile, inoltre, come tutti i suoi colleghi, sapeva che non doveva pigiare troppo l’acceleratore della Mercedes. Perciò, dimostrato che la Mercedes non poteva arrivare a 105 km/h accidentalmente, chi l’ha spinta contro il pilastro a forte velocità e perché?

Molti testimoni che si trovavano nel tunnel al momento dell’incidente, raccontarono di aver visto un’auto bianca puntare un fascio di luce accecante verso il parabrezza della Mercedes, mentre una moto affiancava l’auto della Principessa Diana.

Nessuna di queste voci viene presa in considerazione, circostanza inusuale visto che si tratta dell’indagine sulla morte di una donna che era stata moglie del futuro re d’Inghilterra.

Eppure, un ex agente dei Servizi segreti inglesi, Richard Tomlinson, chiamato a testimoniare in qualità di esperto, confesserà l’esistenza di un piano sperimentale dei servizi segreti che prevede accecamento per mezzo di un flash puntato con un fucile, col fine di provocare un incedente.

Tale tattica, afferma l’uomo, era stata utilizzata diverse volte in Bosnia.

Dopo il clamore di queste affermazioni, il malcapitato Tomlinson, con una carriera esemplare alle spalle e fino a quel giorno, viene improvvisamente arrestato per aver occultato dei non meglio precisati fascicoli dei servizi cui apparteneva e immediatamente dichiarato test non attendibile nel processo sulla morte di Lady Diana.

Circostanza che mette in cattiva luce la limpidezza dell’indagine.

Però, a testimoniare la veridicità della tattica con il flash abbagliante c’è anche una foto famosa scattata pochi istanti prima dell’impatto, in cui si vede la guardia del corpo, Trevor Rees-Jones, che abbassa il parasole, in piena notte.

Ma non si indaga nemmeno su questo elemento.

Secondo Claude Garrec, intimo amico di Henry Paul, questi era un professionista serio e stimato, che mai avrebbe bevuto o fatto uso di stupefacenti, tanto meno in servizio, cosa che lo portava a collaborare con i servizi segreti di mezzo mondo.

Eppure John Stevens, responsabile delle indagini sull’incidente, afferma che non esiste alcuna prova nei registri dell’MI6 su Henry Paul, come se l’uomo non fosse mai esistito.

Possibile credere che non esista nessun fascicolo su un tizio che poteva gestire il servizio di sicurezza del Ritz e agiva sotto copertura per persone del calibro della Principessa Diana, collaborando con i Servizi segreti di mezzo mondo?!

E perché, ancora, non furono prese in esame le suole delle scarpe calzate da Henri Paul, per valutare l’effettiva frenata?

Nel 2003, Paul Burrell, maggiordomo di Lady D, pubblicherà il libro “A Royal Duty”, nel quale l’autore cita una lettera della Principessa Diana del 1996, nella quale la donna confida di essere venuta a conoscenza di un piano ordito da ambienti vicini alla Corona per ucciderla, inscenando un incidente stradale grazie alla manomissione dei freni della sua auto.

A oggi, non è mai stata smentita la veridicità della lettera.

Alla luce di quanto accaduto realmente, fatto indubbiamente inquietante, no?

Intanto, Sue Reid, giornalista del Daily Mail, continua a parlare di omicidio, indicando in un cecchino della SAS, reparto speciale dell’esercito britannico, il killer di Diana, il famigerato SOLDATO N, che avrebbe utilizzato il famoso fucile flash per indurre la Mercedes a schiantarsi contro il pilastro numero tredici.

Da più fonti, infatti, pare che all’interno del reparto speciale, vi fosse un luogo in cui indicare anonimamente bersagli da eliminare e dove, altrettanto anonimamente, richiedere pagamenti non rintracciabili dopo aver eseguito l’incarico.

Inoltre, gli inquirenti non hanno mai voluto chiamare in tribunale, durante il processo, l’esperto da essi stesso incaricato di esaminare l’impianto frenante, risultato difettoso e mancante di un componente.

Manomesso, insomma.

Chi lo manomise e perché tanta superficialità da parte degli inquirenti?

MORTE DI LADY D. I POSSIBILI MANDANTI

Ma se si trattasse di un omicidio, perché uccidere la Principessa Diana e a quale scopo?

In verità, sono molti i possibili mandanti dell’omicidio di Lady D, a cominciare dalla Corona, sempre più in difficoltà e con i favori dei sudditi ridotti ai minimi termini.

Carlo, grazie all’omicidio dell’ex moglie, ha potuto finalmente sposare l’amore di sempre, Camilla Parker-Bowles.

Inoltre, l’idea che una donna vicina alla Casa Reale potesse avere figli con Dody Al-Fayed o con il chirurgo pakistano non faceva dormire sonni tranquilli agli inquilini di Buckingham Palace.

Per di più, molti esponenti della Casa Reale britannica sono vicini al Bilderberg, a cominciare proprio dal Principe Carlo, un’organizzazione di controllo finanziario del mondo che era ed è l’antitesi del modo in cui la Principessa Diana vedeva il futuro del pianeta.

E se si trattasse davvero di omicidio, di un complotto, Lady Diana non sarebbe né la prima, né sarà l’ultima vittima di chi vive pianificando il futuro del pianeta a proprio vantaggio.

Comunque, sono trascorsi ventisei anni dalla morte di Lady D e, a oggi, Henri Paul resta l’unico colpevole di quanto accaduto.

Fatalità e non omicidio, con l’unico accusato morto nell’incidente.

Perché, si sa, i morti non possono raccontare la propria verità.

Cosa singolare, è che, sempre nel mese di agosto, ma di qualche anno prima, un altro membro della Casa Reale britannica era rimasto ucciso in circostanze misteriose. Il Duca di Kent, nel 1942.

Ma la casualità, talvolta, nasconde segreti inconfessabili.

di Pasquale Di Matteo

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